Abderamane Berthet, Perugia. Mediatore e attivista Interculturale

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Dic

Come ogni meseMediatoreinterculturale.it ha intervistato un altro mediatore interculturale. Per questo mese di novembre 2018, abbiamo sentito Abderamane Berthet mediatore a Perugia, in Umbria.

Abderamane Berthet è nato in Costa d’Avorio, nella città di San Pedro, dove ha studiato fino a diplomarsi in contabilità. Dopo una breve esperienza in Francia dove ha cominciato studi in economia e commercio, ritorna in paese, poi di nuovo in Francia, per arrivare in Italia, nel 1992, a Perugia dove impara l’italiano studiando la storia del CinemaLa lingua è fondamentale per inserirsi in una società e Abderamane non è di quelli che rimangono sul margine.

Una passione per l’arte e la cultura

A Perugia presto comincia a frequentare ambienti culturali. Con gli studenti di antropologia, parla spesso di cultura e letteratura africana e si Franz Fanon il suo intellettuale preferito.

L’arte, la letteratura e la cultura per lui sono una passione. Infatti, lui avrebbe voluto studiare letteratura in Francia ma il padre aveva altri piani.

Con gli amici di antropologia riescono a realizzare il Festival “Batik” di cinema africano.

Presto l’Arci Perugia comincia ad interessarsi a lui, prima con lavori e attività occasionali, poi nel 2010 firma con loro il primo contratto come Mediatore interculturale.

Il percorso come Mediatore Interculturale

Contemporaneamente lavora anche come traduttore per la commissione territoriale per l’asilo. « E’ un luogo molto formativo» -dice Abderamane – «si imparano tante cose sui percorsi delle persone, sulle logiche dell’amministrazione… »

Abderamane è uomo eclettico e curioso. Partecipa a molti corsi e molte formazioni, in mediazione e in vari campi. « La formazione continua per un mediatore è una questione fondamentale » – afferma.

Nel 2015 partecipa al «Percorso formativo per mediatori transculturali in ambito sanitario » organizzato dall’ INMP di Roma (Vedere il progetto http://www.inmp.it/index.php/ita/Progetti/Progetti-2015/Progetto-ForMe-Percorso-formativo-per-mediatori-transculturali-in-ambito-sanitario) Finisce il percorso con una tesina dal titolo : “Ruolo del mediatore transculturale nei servizi di salute mentale in Umbria“.

Da quattro anni, lavora presso il Cidis di Perugia (vedi il sito) come mediatore sul territorio ma anche come coordinatore che monitora e organizza organizza gli aggiornamenti per i mediatori del Cidis nella regione.

Non solo per guadagnarsi “il pane”

Il mestiere di mediatore interculturale per Abderamane non è solo un modo di sbarcare il lunario è una passione.

– «Anche se è un lavoro difficile e logorante alla lunga. Ma negli ultimi anni, complici ‘l’emergenza profughi’, l’assenza di leggi nazionali e la scarsità di formazioni adeguate, il mestiere perde del suo valore. Nel sistema d’accoglienza, spesso si prende una persona che sa la lingua d’origine degli utenti per fare il lavoro di mediazione.»

– « Ma il mediatore interculturale– dice – non è un semplice traduttore. E’ un operatore sociale che facilita i rapporti tra i cittadini di varie culture e tra questi e le istituzioni, favorendo la rimozione degli ostacoli culturali e delle incomprensioni… Oggi, gli operatori dell’accoglienza sono spesso persone che sanno la lingua, conoscono la cultura d’origine dei richiedenti asilo, ma non il contesto di arrivo. Manca il bagaglio culturale e professionale che solo una buona formazione e l’esperienza possono dare.»

Non c’è mediazione senza formazione

« Ad esempio, solo in una buona formazione si può imparare il concetto di ‘sospensione del giudizio’ : ascoltare tutti, tranquillamente, senza giudicare, senza prendere posizione per una parte o l’altra. Noi siamo educati a giudicare ad ascoltare parzialmente campando sulle nostre posizioni di partenza. Imparare ad ascoltare e a sospendere il giudizio permette di entrare veramente in contattatorelazionarsi, ma senza immischiarsi tropposenza cercare di risolvere i problemiPerché non è questo il compito del mediatore. Tutto questo si impara nei buoni corsi e che molti di quelli che lavorano sul territorio attualmente non hanno mai avuto l’opportunità di imparare

– « Il mediatore non deve pensare di essere il depositario della sua cultura o pensare di riabilitare esclusivamente la propria cultura. Molto importante è aver lavorato su se stessi ed aver rielaborato il proprio percorso migratorio e il conflitto interiore che spesso generaIl processo migratorio aiuta a sviluppare una capacità di resilienza e questa, se riconosciuta o valorizzata può essere un’abilita tipica del buon mediatore. »

Finita la chiacchierata ci si saluta, augurandoci un futuro migliore per questo nostro mestiere, così prezioso e così mal messo allo stesso tempo. Il saluto è un po’ frettoloso. Abderamane deve correre dall’altra parte della città per un impegno. Anche questa è una particolarità del nostro mestiere. Oltre alla capacità d’ascolto, l’empatia, la neutralità e le altre competenze professionali, ci vogliono anche buone gambe. Perché il mediatore è anche chiamato a correre, correre sempre.




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