L’A.M.M.I. presenta “MigrEye”: 50 anni di immigrazioni a Torino

18
Feb

I volti dei migranti di ieri e di oggi nelle foto di Mauro Raffini

L’Associazione Multietnica Mediatori Interculturali (A.M.M.I.), con il sostegno del Consiglio Regionale del Piemonte, organizza una mostra fotografica intitolata “MigrEye”. Una mostra che ripercorre a ritroso il fenomeno migratorio degli ultimi 50 anni verso la città di Torino.

MigrEye raccoglie le fotografie di Mauro Raffini sulle migrazioni del passato e del presente. La mostra è suddivisa in tre sezioni che rispecchiano il fenomeno migratorio degli ultimi cinquant’anni, a partire dai volti a colori dei migranti di oggi. Un viaggio a ritroso attraverso gli anni novanta, con l’arrivo degli “extracomunitari” dai paesi dell’Est e dall’Africa settentrionale, per concludere con le immagini degli italiani che, durante gli anni settanta, arrivavano a Torino dal sud.

La mostra è suddivisa in tre sezioni:

Nella prima parte le fotografie in bianco e nero della Torino della FIAT, la presenza della fabbrica – mito che attrae decine di migliaia di disoccupati, contadini, studenti meridionali alla ricerca di un posto di lavoro. Le immagini degli anni ’70 mostrano lo spaesamento dei nuovi arrivati, le abitazioni nelle soffitte del centro storico o nei nuovi ghetti di periferia, immensi casermoni anonimi e grigi, gli arrivi con le valigie di cartone alla stazione di Porta Nuova. Questo ‘altrove’ si riscatta in parte con le lotte per migliori condizioni di lavoro, con i momenti di festa e la speranza di un futuro migliore.

Nella seconda parte della mostra le fotografie illustrano la nuova fase migratoria degli anni ’90 attraverso posti simbolici della città come il quartiere di San Salvario e la zona di Porta Palazzo.

L’ultima sezione rappresenta, a colori e in primissimo piano, un susseguirsi continuo (stampato su un’unica striscia di carta fotografica senza soluzione di continuità) di volti dei migranti di oggi fuggiti dalle guerre per cercare, spesso a rischio della vita, un destino meno drammatico. Sono bambini, ragazzi, donne, uomini, anziani come noi che hanno il diritto di provare a vivere e lavorare in condizioni migliori rispetto all’orrore che si sono lasciati alle spalle.




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