Carcere Agrigento: direzione separa i detenuti italiani da stranieri

 La Sicilia, 4 dicembre 2007
 Italiani con gli italiani, stranieri con gli stranieri: è ciò che avviene nel carcere di contrada Petrusa della città dei Templi, dove la popolazione dei detenuti originari del nord Africa o dell’Est europeo ha raggiunto picchi mai visti. Nella sezione “Comuni”, in particolare, i reclusi “indigeni” e quelli extracomunitari raggiungono quasi lo stesso numero. Una situazione che presta il fianco a potenziali problematiche riguardanti la convivenza all’interno delle celle, dove sono tra l’altro tornati i letti a “castello” con 3 o 4 materassi uno sopra l’altro come ai “vecchi tempi”. Che poi tanto vecchi non sono, visto che al Petrusa si è tornati ai numeri precedenti all’indulto, con circa 400 detenuti “ospiti” di una struttura che, in condizioni normali, ne potrebbe contenere non più di duecento. La novità riguarda dunque il continuo aumento di stranieri dentro il penitenziario agrigentino. Nella realtà caratterizzata dall’emergenza immigrazione clandestina – che ha portato le forze dell’ordine ad arrestare in un colpo solo anche trenta persone accusate di essere scafisti di una sola imbarcazione, come quella approdata a Palma nelle scorse settimane – tunisini, marocchini, egiziani sono ormai i più assidui “frequentatori” della casa circondariale diretta da Giovanni Mazzone. Trattandosi di persone con abitudini culturali e religiose decisamente diverse da quelle di un detenuto italiano e, soprattutto, siciliano, è balzato all’ordine del giorno il tema della convivenza dietro le sbarre. Chi ad esempio prega rivolgendosi verso La Mecca potrebbe suscitare qualche perplessità in chi sotto il cuscino mette il santino di padre Pio, oppure chi ha delle abitudini igieniche o alimentari differenti dall’altro potrebbe innescare dissidi difficilmente sanabili. Per evitare situazioni sgradevoli e potenzialmente rischiose per l’ordine all’interno delle celle, la direzione ha deciso da qualche tempo di sistemare i detenuti a seconda della propria origine. Dunque, tunisini con tunisini, italiani con italiani. “Il tutto senza alcuna valutazione di tipo razziale – sottolinea il direttore Giovanni Mazzone -: la scelta è basata unicamente su una valutazione attenta della situazione attuale all’interno del nostro penitenziario. L’aumento della popolazione straniera ha comportato un cambiamento generale nella gestione della struttura”. Segno dei tempi che cambiano per le conseguenze della pressione migratoria verso l’Italia: fenomeno che si avverte anche dietro le sbarre. E dietro le sbarre del Petrusa si registra un ulteriore fenomeno che non può non preoccupare. “Il turn over tra detenuti, ovvero il ricambio tra chi entra e chi esce, vede in aumento coloro i quali entrano rispetto agli scarcerati – sottolinea il direttore -. Ciò ci obbliga a gestire situazioni sempre diverse, tra l’altro con problemi di carattere economico di un certo rilievo. Basti pensare che per acquistare il materiale di cancelleria confidiamo nei fornitori che continuano a farci credito”. Insomma, tanti piccoli grandi segnali di allarme giungono dalla casa circondariale della città dei Templi, sintesi perfetta di quanto accade in tanti altri penitenziari del Belpaese.




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