“Carta di Roma”, il codice etico

Repubblica – Dopo nove mesi di lavori è pronta la Carta di Roma, il codice etico che i giornalisti dovranno seguire nel trattare di immigrati, rifugiati politici, richiedenti asilo. La proposta di elaborarla fu lanciata da Laura Boldrini, portavoce dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, all’indomani del linciaggio mediatico del tunisino Azouz Marzouk per la “strage di Erba”, in realtà compiuta, come si scoprì rapidamente, da una coppia di italiani
Quella cantonata mediatica non fu che l’ultimo, clamoroso, effetto di un pregiudizio xenofobo che aveva cominciato a manifestarsi fin dagli anni Ottanta. Pregiudizio i cui effetti nocivi vengono sistematicamente confermati da tutte le indagini: gli italiani hanno un’idea deformata dell’immigrato e dell’immigrazione. La Carta di Roma – che ha la forma di un’intesa tra il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti e della Federazione della stampa con l’Alto commissariato dell’Onu – sarà esaminata da un ‘comitato scientifico’, poi dalle varie componenti della società civile che hanno relazioni col mondo dell’immigrazione e da associazioni che lo rappresentano

La complessità della procedura chiarisce la delicatezza dell’argomento. Fin dalla prima riunione del ‘comitato scientifico’, tra i giornalisti ci fu chi manifestò il timore che il codice etico potesse trasformarsi in un limite alla libertà di stampa. Ma a leggere il documento non si ha questa impressione. La Carta di Roma è una sorta di testo unico di principi deontologici già sanciti in numerose convenzioni internazionali e dalla Costituzione, accompagnati da una serie di ‘raccomandazioni’, per la maggior parte già, almeno sul piano teorico, unanimemente condivise dalla categoria: per esempio, evitare di basarsi sui pregiudizi, non pubblicare informazioni che possano mettere a rischio la sicurezza dei rifugiati e dei loro familiari, adottare la terminologia corretta evitando, per esempio, di usare a sproposito termini quali ‘clandestino’

Possono raccomandazioni di questo genere trasformarsi in un limite alla libertà di stampa? Dalla lettura della Carta, appare impossibile. In primo luogo perché i diritti degli immigrati, che hanno nel principio di uguaglianza uno dei loro fondamenti, appartengono alla stessa famiglia di cui anche la libertà di stampa fa parte. Sono alla base di tutte le società civili, così come il mondo le ha concepite dopo la fine della Seconda Guerra mondiale e la sconfitta del nazifascismo. Poi c’è una ragione più banale, concreta: per le eventuali violazioni non è prevista alcuna nuova sanzione. Sarà costituito un “Osservatorio indipendente e non governativo” che, davanti all’individuazione di comportamenti discriminatori, non farà altro che segnalarli agli organi competenti (cioè alla giustizia ordinaria o disciplinare che già oggi dovrebbero attivarsi)

La Carta di Roma è un supporto al giornalismo, al buon giornalismo. E dunque un servizio al cittadino-lettore. Non impedisce agli xenofobi di manifestare il loro pensiero. Tenta di porre un argine alle mistificazioni. Se, per esempio, s’intende sostenere che un certo gruppo etnico commette più reati, si citino i dati a sostegno della tesi. Ma si eviti di scegliere accuratamente, tra le notizie negative, proprio quelle che riguardano quel gruppo etnico escludendo altre notizie, identiche, che non lo riguardano. Si evitino le discriminazioni occulte, indirette, subliminali. Naturalmente, chi vorrà proseguire su questa strada potrà farlo: l’Osservatorio potrà solo segnalare il comportamento disonesto. Poi, come sempre, saranno i lettori a decidere




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