Libri. “Chi sta male non lo dice”

18
Feb

Di Antonio Dikele Distefano

La cultura di chi lavora nel sociale non si costruisce solo con la saggistica. Anche la narrativa può giocare un ruolo importante. “Chi sta male non lo dice” di Antonio Dikel Distefano è un libro da consigliare per chi lavora con i giovani nei quartieri popolari, specialmente in quelli con più diversità culturale. 

Antonio Dikele Distefano é un giovane autore italiano con origini angolane. Il suo primo romanzo ” Fuori piove, dentro pure, passo a prenderti?” ( 2015) è stato subito un bestseller. Il secondo  ” Prima o poi ci abbracceremo (2016) ha confermato il talento del giovane autore. L’anno scorso (2017) si è presentato di nuovo al pubblico con un altro romanzo, “Chi sta male non lo dice”, la storia di due ragazzi, Yannick e Ifem, figli di immigrati africani.

Chi sta male non lo dice - CopertinaScheda del libro:

Chi sta male non lo dice   

di Antonio Dikele Distefano
Editore:Mondadori
Collana:Chrysalide
Data di Pubblicazione: marzo 2017
EAN:9788804677437
ISBN:8804677430

Trama del libro
Questa è la storia di Yannick e Ifem, la storia di due ragazzi. Di mancanze, assenze, abbandoni, di come è difficile credere nella vita quando questa ti toglie più di quanto ti dà. Una storia iniziata in un quartiere dove a cadere a pezzi sono le persone prive di impalcature, schiave delle condizioni economiche al punto di attaccarsi al lavoro rinunciando così alla vita. Dove chi non ci riesce beve fino ad annullarsi e alza le mani sui figli e sulle mogli dietro imposte serrate. Dove la gente sa e non fa nulla. Perché addosso tutti hanno l’odore dei poveri e le scarpe consumate di chi è abituato a frenare in bici coi talloni. Una storia di sogni infranti che i figli ereditano dai genitori, partiti dall’Africa per “na Poto”, l’Europa, senza sapere che questo paese non è pronto ai loro tratti del viso né preparato a sostenere le loro ambizioni. Basta avere la pelle un po’ più scura per essere preso di mira, il taglio degli occhi diverso per sentirsi intruso, un cognome con troppe consonanti per sentirsi gli sguardi addosso. In questa desolazione, Ifem prova a colmare il vuoto che la mangia da dentro con l’amore. Quello per Yannick. Un ragazzo che sembra inarrestabile. “Ifem, non ci fermeremo finché non capiranno che non siamo neri che si sentono italiani, ma italiani neri” le ripete continuamente. Ma pian piano quell’amore, come tutto attorno a lei, svanisce. Ne rimane solo un’ombra sottile nelle linee immaginarie che lei traccia sulle labbra di lui mentre dorme. Uno dei pochi momenti in cui Yannick sembra quieto. Perché a fermare la sua corsa è la cocaina. Iniziata per noia, quasi per caso, perché lui è cresciuto in un quartiere popolare dove tutti almeno una volta hanno provato, anche i preti. E perché per un attimo la polvere bianca riempie qualsiasi vuoto – ti fa sentire come avessi dentro tutto il ferro della torre Eiffel -, ma poi si porta via tutto. “Chi sta male non lo dice” non è però solo un pugno nello stomaco, è soprattutto la storia di come i fiori spuntano anche nel cemento. Di come c’è sempre un modo per salvarsi, l’importante è non rinunciare, non smettere mai di amare la vita.




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