Decalogo per una corretta pratica del nostro mestiere

18
Feb

In attesa di un codice deontologico della professione del Mediatore Interculturale

In ogni ambito professionale il rispetto di un certo numero di regole  tecniche ed etiche è molto importante. Il rispetto di regole chiare e condivise dà più credibilità e rispettabilità sia alla categoria che al singolo al professionista che lo pratica. Ecco perché alcune professioni, soprattutto quelle che incidono direttamente sulla vita delle persone (medici, avvocati, assistenti sociali, giornalisti…) hanno dei codici deontologici, frutto di lunghe tradizioni e antichissimi dibattiti, ma anche di nuove norme, nuove regole dovuto al cambiamento continuo e all’evoluzione della condizione e delle società umane.

Il Mediatore interculturale (qui di seguito Mi.) ha anch’esso un operato particolare e delicato che svolge a contatto diretto con le persone, la loro vita privata, la loro intimità e le loro debolezze. Le implicazioni di natura morale e l’importanza di aspetti di neutralità e distacco emotivo sono assolutamente imprescindibili per riuscire a garantire un lavoro di qualità e che raggiunge gli obiettivi prefissati.

Le formazioni di Mi. attraverso il territorio nazionale sono numerose e variegate. Con l’arrivo dei grandi flussi di richiedenti asilo negli ultimi anni, l’urgenza dei Centri di accoglienza di avere mediatori e facilitatori linguistici, per lingue e culture che finora erano molto rare tra gli immigrati, hanno portato allo svolgimento di tanti corsi di formazione, qualche volta brevi e incompleti.

Una mancanza di formazione e di conoscenza di certe regole può portare a pratiche e comportamenti inadeguati, coinvolgimenti personali ed emotivi e perdita di vista del ruolo e dei principi fondamentali alla base della nostra professione.

Questo, ancora una volta ricorda l’urgenza di una normativa nazionale sulla Mediazione Interculturale, che definisca il profilo professionale, il percorso formativo e le competenze necessari per esserlo, e infine un codice deontologico nazionale che regoli le linee morali ed etiche della professione. In attesa di queste indispensabili regolamentazioni, noi proponiamo qui 10 punti che consideriamo fondamentali per la buona pratica del nostro mestiere.

1. L’indispensabilità dell’esperienza migratoria

Il Mi. non è un semplice traduttore o facilitatore linguistico. La Mediazione Interculturale vuol dire la capacità di mediare tra lingue, legislazioni, codici culturali, sociali, mentalità, tradizioni e usanze. La persona che sceglie la professione del Mi. deve avere una propria esperienza migratoria, aver vissuto abbastanza a lungo e studiato nella società di origine e poi aver elaborato una riflessione sul proprio processo migratorio, aver acquistato la capacità di adattarsi ad un contesto nuovo.

2. Il segreto professionale

Uno dei punti fondamentali del lavoro del Mi. sta nel mantenimento del segreto professionale. Questo serve per tranquillizzare l’utente e l’istituzione sul fatto che tutto ciò che viene detto durante il colloquio rimane dentro le mura del servizio. Con il rispetto del segreto si crea fiducia tra i tre attori e questo permette uno svolgimento positivo del colloquio.

3. La terziarietà

La sua collocazione nella posizione terza tra l’operatore (in genere italiano) e l’utente straniero deve essere chiarita dall’inizio del rapporto. Significa che il Mi. aiuta a facilitare la comunicazione, traduce codici e impostazioni culturali, spiega leggi e norme, contribuisce nel dare delle idee… Ma alla fine spetta sempre all’utente e all’operatore prendere delle decisioni.

4. Imparzialità e distanza emotiva

Il Mi. dovrà accettare l’incarico soltanto se è in grado di seguirlo in modo soddisfacente e non essere coinvolto emotivamente nella situazione.

In alcuni casi, il mediatore può trovarsi davanti a un caso di coscienza, può essere ricattato o minacciato… può essere messo sotto pressione nei conflitti per schierarsi a favore dell’utente o dell’operatore.

L’utente per tirare dalla sua parte il mediatore può far leva sull’appartenenza alla stessa comunità, nazione, religione… Vorrà dettare cosa dire, cosa tradurre, o non tradurre…

L’operatore cercherà di far valere il fatto di rappresentare la committenza, le istituzioni, la maggioranza culturale, quindi la normalità…

Il Mediatore deve avere la forza e l’onestà di rimanere imparziale, non coinvolgersi, proseguire nella direzione giusta quella della mediazione tra diversi e dell’aiuto alla risoluzione dei problemi.

5. Chiarezza

Il Mi. dovrà tradurre in modo esatto e fedele quanto viene dichiarato dalle parti senza nulla aggiungere né omettere. Diversamente l’operatore non è in grado di conoscere in modo chiaro l’utente e il suo bisogno d’aiuto, e l’utente non comprende ciò che viene detto dalla parte dell’operatore.

Il Mi. non deve dare per scontati i segni non verbali e i codici culturali. Ciò che è chiaro per lui/lei, non lo è per forza per l’operatore o per l’utente.

Bisogna armarsi di attenzione e pazienza ed interpretare il detto e il non detto.

6. Discrezione

Il Mi. dovrà tenere un comportamento discreto e non invadente evitando di mettere sé, la sua storia, i suoi problemi, le sue opinioni e visioni del mondo al centro della conversazione e della relazione.

7. La buona presentazione

Come in ogni professione a contatto con il pubblico, l’aspetto per la professione del Mi. è primordiale. Così come l’atteggiamento.

Il/la professionista della mediazione dovrà dare una immagine di sé che sia credibile, seria e rassicurante. Per ciò deve curare la sua pulizia, avere un abbigliamento sobrio e in ordine, comportarsi in modo adeguato, e moderare il linguaggio: senza eccentricità né volgarità.

8. Rispetto delle norme

Il Mi. lavora in mezzo a norme e regole, che sono sia quelle della propria professione che quelle del servizio e dell’istituzione con la quale è chiamato a lavorare.

Per ciò dovrà esercitare le sue funzioni nel rispetto delle norme vigenti sia sul territorio che nella struttura dove lavora.

9. Adeguatezza e aggiornamento

Oltre alla formazione di Mediatore Interculturale, il professionista deve imparare a conoscere bene i servizi dove lavora e tenersi aggiornato sugli standard professionali e sugli aspetti più tecnici.

Dovrà anche aggiornarsi nel campo legislativo per quanto riguarda la materia migratoria e burocratica sia nel Paese d’origine che in Italia

10. Rigore e Onestà

Il Mi. non dovrà trarre vantaggi personali da qualunque informazione ottenuta nel corso del suo intervento. Né dovrà richiedere ricompense al di fuori della retribuzione concordata con il committente.

Non è né legale né giusto usare le relazioni stabilite durante l’esercizio della professione, né le coordinate di accesso a servizi online e piattaforme pubbliche per fare “affari” in nero.

Riferimenti bibliografici:

Sonia Bacchetti.  “La comunicazione interculturale in sanità”. Centro scientifico editore. 2001.
A. Portera (a cura di). “Competenze interculturali. Teoria e pratica nei settori scolastico – educativo, giuridico, aziendale, sanitario e della mediazione culturale”. Editore : Franco Angeli. 2013.




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