ESCLUSIVO. L’avvocato guineano Mamadù Serifo Djalò: „Diritti umani vuol dire libertà, sicurezza, famiglia”

18
Feb

„Senza libertà non c’è sicurezza, senza sicurezza non c’è una famiglia e senza una famiglia non c’è la libertà” (Mamadù Serifo Djalò)

A metà del mese scorso, l’Associazione Multietnica dei Mediatori Interculturali (A.M.M.I.) ha ospitato per una conferenza l’avvocato Mamadù Serifo Djalò dalla Guinea Bissau, presente in Italia per un ciclo di incontri sul tema dei diritti umani e l’immigrazione irregolare.

Invitato dall’associazione „Accorciamo le Distanze”, Mamadù  ha regalato ai piemontesi (e non solo) sette lezioni memorabili sull’importanza dei diritti umani che quasi sempre vengono violati nel suo paese di origine.

A noi, centro di accoglienza per tanti  cittadini stranieri provenienti dall’Africa subsahariana, richiedenti di protezione internazionale, dr. Mamadù ha cercato di presentare in esclusiva il mondo da cui arrivano questi ragazzi e i motivi che li spingono a rischiare la vita emigrando clandestinamente.  (intervista realizzata alla fine del ciclo di incontri dell’avvocato sul territorio piemontese)

In questi giorni abbiamo sentito dappertutto: viene un avvocato dalla Guinea Bissau a parlarci dei diritti umani qui, in Piemonte. Chi è questo avvocato? Chi è Mamadù Serifo Djalò?

Mamadù: Sono Mamadù Serifo Djalò, avvocato in Guinea Bissau, attivista per i diritti umani della Lega Guineana per i Diritti Umani (LGDH), membro dello studio giuridico del Tribunale di Bissau, membro fondatore dell’Associazione Giovanile per l’Azione e lo Sviluppo (AJAD) – settore di Nhacra (di cui sono stato presidente per i primi 10 anni, dalla fondazione, 2005, fino al 2014), presidente dell’assemblea generale della Rete Nazionale delle Associazioni per i Giovani della Guinea Bissau – Rede Nacional de Associaoes Juvenis (RENAJ), coordinatore del Forum  delle associazioni per la lotta contro l’AIDS nella regione Oio, presidente dell’Accademia di Calcio DJIDJI e della squadra di calcio „Arados” di Nhacra.

Diritti umani, lotta contro l’AIDS, per l’accesso alla giustizia, ma anche un’accademia di calcio. Perché proprio calcio?

Mamadù (sorride): I giovani e i bambini della Guinea Bissau adorano il calcio. Perciò, è stata una mia iniziativa, di creare un’accademia di calcio (DJIDJI) per i giovani, usando lo sport come uno strumento per educarli e prepararli per le sfide del futuro.

Il calcio come uno strumento per preparare i giovani per le sfide del futuro

So che anche tu sei un ex-giocatore di calcio…

Mamadù (sorride): Sì,io sono un ex-giocatore di calcio in un club che si chiama Arados, di Nhacra. Ho giocato a vari livelli, ma ho dovuto abbandonare per alcuni problemi al ginocchio.

Come riesci a intrecciare tutto questo? Per esempio, parli ai ragazzi del DJIDJI dei diritti umani? 

Mamadù: E’ facile, giochiamo a calcio e gli parlo sempre dei diritti umani e anche della cittadinanza perché io penso sia importante che i giovani crescano nello spirito della cittadinanza, conoscendo  i loro diritti.

Libertà, sicurezza, famiglia, sono solo alcune parole che ritroviamo nei 30 articoli della Dicharazione Universale dei Diritti Umani del 1948. Tu non potresti vivere senza… (quale dei tre concetti)?

Mamadù: Beh, non potrei vivere senza nessuno dei tre. Ti spiego: senza la libertà non possiamo avere la sicurezza, senza la libertà non possiamo creare una famiglia. Ancora, senza la sicurezza non possiamo parlare di libertà. 

Quale tra queste parole definisce al meglio il concetto di diritto dell’individuo?

Mamadù: Penso che tutti e tre, libertà, sicurezza e famiglia, siano ugualmente importanti per garantire il rispetto dei diritti umani di un individuo.

 

I diritti umani in Guinea Bissau

In Guinea Bissau si può votare anche senza certificato di nascita

Dicevi durante una delle conferenze che in Guinea Bissau il certificato di nascita è gratuito solo se richiesto entro il quinto anno di età. In quanti guineani lo chiedono mentre è gratuito?

Mamadù: La richiesta del certificato di nascita è gratuita per i bambini fino a 5 anni, proprio per aiutare e incoraggiare le famiglie a sollecitarlo. Purtroppo, solo 30% dei genitori della Guinea Bissau chiede l’atto di nascità dei loro figli; è una mancanza di cultura e di informazione, ovviamente. Dopo i 5 anni, la legge guineana prevede il pagamento di una tassa.

Attualmente, si vuole implementare un progetto, finanziato dalle organizzazioni umanitarie come l’UNICEF, per facilitare la registrazione dei bambini nati negli ospedali e nei centri di salute della Guinea Bissau. Si tratta di una registrazione automatica, subito dopo la loro nascita. Purtroppo, al momento, il sistema è attivo sul circa 80% del territorio del paese (la capitale, Bissau, Cumura e Mansao). Rimangono fuori le donne che ancora partoriscono a casa; i loro bambini rimarranno anonimi.

Tengo a precisare che in Guinea Bissau ci sono persone che anche a 60 anni non risultano registrate da nessuna parte. Di conseguenza, nemmeno il loro decesso non verrà mai riferito…

Quindi, la stessa storia si ripete anche per la carta d’identità. Esiste un interesse da parte dello Stato per coltivare questa mancanza di informazione delle masse o è, di nuovo, soltanto una mancanza di cultura?

Mamadù: Non è necessariamente un interesse politico e ti spiegherò perché: una persona, anche senza certificato di nascità, può tranquillamente partecipare alle elezioni e può votare: in assenza della carta d’identità, la persona si può presentare al voto con due testimoni che attestino che è guineano e maggiorenne. Riceverà senza problemi il certificato elettorale.

Prendere delle misure radicali contro il fenomeno talibé è compromettente per i politici guineani perché sono tutti musulmani

Parlami del fenomeno dei bambini talibé (in wolof, dialetto senegalese, talibé = discepolo) i cosìddetti bambini fantasma, mandati a mendicare in Senegal o altri paesi vicini, con il pretesto di imparare il Corano. E’ una pratica svolta all’oscuro di tutti oppure sono le autorità che chiudono volontariamente gli occhi?

Mamadù: Le autorità politiche della Guinea Bissau sono al corrente di questo fenomeno. Ho incontrato anch’io questi bambini talibé, mandati dai loro genitori in paesi come Senegal, Gambia o Guinea – Conakry, in buona fede, per imparare il Corano. Quando arrivano nel pase di destinazione, sono sottoposti a lavori forzati, abusi, maltrattamenti o mandati in strada a mendicare.

Come accade il processo di reclutamento di questi bambini? Parte dalla Guinea o è tutto organizzato nei paesi di destinazione?

Mamadù: Ci sono delle persone dalle scuole religiose dei paesi di destinazione che vengono in Guinea Bissau per reclutare i bambini. I  genitori accettano di mandare i loro figli pensando sia per una buona causa.

Come reagisce la società civile davanti a questa pratica nociva? E’ riuscita a fare pressione sulle autorità, perché prendano delle misure?

Mamadù: La società civile, attraverso le ONG, è riuscità a determinare il Governo guineano a intervenire per combattere questo fenomeno: dal 2012, oltre i controlli più rigorosi alle frontiere, nessun minorenne può lasciare il paese senza un’autorizzazione scritta e firmata da almeno un genitore, dove sono specificate le finalità del viaggio.

Prendere misure radicali è abbastanza compromettente per i politici perché i membri del Governo sono musulmani e una tale decisione, di proibire ai bambini di andare all’estero per imparare il Corano, potrebbe allontanare i simpatizzanti e di conseguenza diminuire il numero di votanti.

In questo senso, le autorità cercano di creare delle scuole religiose per i giovani, direttamente in Guinea,  per evitare che loro escano dal paese.

Per il quinto paese più povero al mondo, gli aiuti umanitari internazionali sono essenziali, direi. Come vengono gestiti? E’ vero che per assicurarti che delle tue risorse si farà un buon uso, devi fidarti direttamente delle ONG e non dalle autorità?

Mamadù: Sì, la Guinea Bissau vive molto dagli aiuti esteri, ma sfortunatamente a causa dell’alto livello di corruzione, anche all’interno delle organizzazioni umanitarie, tanti fondi non arrivano dove c’è bisogno.

Ci sono tanti modi per aiutare, soprattutto i bambini della Guinea Bissau. Per esempio, l’aiuto di Luciana, con la sua associazione (n.r. Accorciamo le Distanze), è indirizzato verso l’educazione dei bambini: materiale scolastico, pagamento degli studi di un allievo. Quindi sì, aiutare attraverso le ONG e le associazioni è più pratico, più sano.

*Da circa 4 anni, Luciana Montanaro sostiene finanziariamente Fatima, una ragazza guineana che sta frequentando il primo anno di università, indirizzo economico.

La voce principale dell’economia guineana è l’agricoltura, con la produzione di anacardi (secondo produttore nel mondo) e di riso. E’ più alta la qualità della vita dei contadini che coltivano anacardi e riso?

Mamadù: E’ vero che il mio paese produce tanto riso, ma nonostante questo,  non riesce a coprire tutto il consumo nazionale; la mancanza di una norma politica adeguata fa sì che si continui a importare del riso di scarsa qualità dall’Asia. Per quanto riguarda gli anacardi, essi hanno un valore stimato sul mercato internazionale, sono molto preggiati, ma nonostante questo, alla fine della stagione di produzione che dura 3 mesi, i coltivatori rimangono senza nulla.

La società civile guineana è pacifica perché poco istruita

Chiedo di nuovo, di fronte a tutto questo malfunzionamento del sistema, tradotto in una vera crisi, come si comporta la società civile guineana? E’ rassegnata, vivendo come se tutto fosse la normalità,  o vociferante, arrabbiata? In Italia ad esempio,  si rinuncia tranquillamente a una protesta in strada se in TV c’è una partita di calcio.

Mamadù: In generale, la società civile guineana è molto pacifica perché poco istruita e disinformata sui suoi diritti fondamentali. Dall’altra parte, chi conosce bene i suoi diritti, li rivendica, se vengono violati.

Comunque, ultimamente, la società civile si mostra più attiva e interessata in diffendere i diritti umani. Ad esempio, di recente, nonostante avessero impedito una protesta di un gruppo, contro il presidente e contro il Parlamento, i manifestanti hanno continuato a protestare tutta la notte in silenzio, vestiti di bianco e con le candele, presso una delle sedi della Lega guineana sui diritti umani.

Di recente, il giornalista Kieran Guilbert, corrispondente Thomson Reuters in Africa dell’Ovest, ha dicharato che, per realizzare il reportage “No country for young men” in Senegal, ha avuto difficoltà nel convincere la gente del posto a esprimere la voglia di emigrare, per la paura o per la vergogna.  Cosa ti risponde un giovane guineano se gli chiedi se vuole lasciare il paese?

Mamadù: I guineani non hanno paura di emigrare e nemmeno di dirlo. Il problema della sanità, dell’educazione, l’accesso alla giustizia, sono le cose che li spingono a voler lasciare il loro paese.

Invece l’avvocato Mamadù? Ha la voglia di emigrare?

Mamadù: Emigrare? Oh no, io sono molto fiero di essere guineano.

Puoi esserne fiero anche al di fuori del paese …

Mamadù (sorride): No, io sono un cittadino del mondo, innamorato del mio paese, nonostante tutte sue le difficoltà. Continuo a credere che un giorno avremo una Guinea come tutti i noi la vogliamo: senza problemi di educazione, salute, infrastruttura o accesso alla giustizia. Ho fiducia e speranza.  

Vuoi dire che il gusto della vittoria è più intenso quando la sfida è più grande, cioé a casa tua…

Mamadù: Sì, è proprio così. Le difficoltà ti fanno riflettere per ogni passo che fai ogni giorno.

Se dovessi convincere un giovane guineano a non emigrare, cosa gli diresti?

Mamadù: Che l’emmigrazione clandestina, via mare, ha tante difficoltà – più grandi di quelle ritrovate a casa, in Guinea. Oltre a questo, quando arrivano nel paese di destinazione, in Italia a esempio, avranno altre difficoltà. Quindi, devono pensarci bene prima di prendere la decisione di emigrare.

In Guinea Bissau la gente beve l’acqua dei fiumi

Secondo le statistiche, in Italia, tre richidenti asilo politico su dieci sono analfabeti. Dalle loro raccolte storia, emerge che il fatto sia dovuto al lavoro che prende il posto della scuola. Com’è la situazione del lavoro minorile in Guinea Bissau? Si cerca in qualche modo di combatterlo per favorire l’alfabetizzazione dei bambini?

Mamadù: Lo stato non fa niente in questo senso. Tanti bambini interrompono la scuola soprattutto nel periodo della coltivazione degli anacardi perché le famiglie hanno bisogno del loro aiuto.

Un’altra causa dell’abbandono scolastico sono gli scioperi dei professori. In Guinea, le scuole funzionano per tre mesi e si chiudono per altri due, a causa dello sciopero. Questo determina i giovani a rinunciare alla scuola e andare a lavorare.

Ci sono anche le scuole private, dei missionari, dove si assicura la continuità scolastica, ma sono a pagamento.

A livello internazionale, la Guinea Bissau è considerato uno stato debole, addirittura “failed state”, per la mancanza dei servizi pubblici essenziali e per l’illegitimità dell’autorità politica. Incapacità dello stato oppure corruzione?

Mamadù: La maggior parte della popolazione guineana non ha nemmeno accesso all’acqua potabile, usa quella dei fiumi.  I pochi servizi pubblici che esistono sono di scarsa qualità e solamente le persone ricche ne hanno accesso.

Allora, le persone benestanti si curano all’estero?

Mamadù: Sì, chi ha soldi va a Dakar (Senegal) o in Portogallo, dove ci sono cliniche mediche altamente specializzate.

Alla fine, un esercizio di immaginazione: se domani diventassi il presidente della Guinea Bissau e dovessi cambiare tre cose?

Mamadù (ride): Domanda molto difficile, devo pensarci bene. Innanzitutto, garantirei l’accesso all’educazione e alla salute per tutti. In secondo piano, creerei posti di lavoro per i giovani, un’altro punto dolente del mio paese.

Domani torni in Guinea Bissau, dopo quasi un mese passato in Italia. Che cosa ti porti a casa?

Mamadù: Mi porto delle cose molto importanti sia per me, personalmente, sia per il mio paese: il rispetto per i valori umani e per la giustizia, dei progetti per lo sviluppo della mia comunità, una visione per il futuro e su come funzionano le istituzioni pubbliche e private in Italia e tanti veri amici.

Ana Ciuban

Galleria foto

 *Mamadù Serifo Djalò lavora come avvocato in uno studio associato di Bissau dal 2015, quando si è laureato in Giurisprudenza presso l’Università Lusófona della Guinea. 

 




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