Insegnati CTP Torino: Lettera aperta a Napolitano

 Signor Presidente, siamo lavoratrici e lavoratori del settore dell’educazione agli adulti, abbiamo studenti italiani e immigrati da altri paesi. Lavoriamo a Torino in un territorio che è stato oggetto negli ultimi mesi di tremendi avvenimenti. Noi percepiamo la mancanza di “sicurezza” soprattutto in questi fatti: le ripetute morti sul lavoro che hanno avuto il momento più tragico alla Thyssenkrup, i morti per frane dovute allo stato di abbandono del territorio non in grado di reggere piogge leggermente maggiori alla norma, i morti in prestigiosi ospedali cittadini dove i pazienti diventano occasione di guadagno illecito. E poi ancora i morti per suicidio, di un italiano e un rom, che entrambi, in contesti diversi, si sono dati fuoco per disperazione sociale. Noi, come tutte le donne e tutti gli uomini che vivono nella nostra città siamo quindi particolarmente sensibili ai temi della “sicurezza”. Le statistiche economiche, sia quelle delle Istituzioni che quelle delle parti sociali, confindustria e sindacati, descrivono lo stato di grande difficoltà economica della maggior parte dei cittadini che vivono in Italia: gli effetti delle politiche economiche dell’ultimo decennio hanno fatto perdere mediamente più del 25% del potere d’acquisto dei salari e delle pensioni. Prestigiosi giornali economici scrivono che, rispetto alla situazione dei primi anni novanta, ogni lavoratore ha un reddito annuale inferiore di circa 5000-7000 euro. Proprio in questi giorni il rapporto ISTAT sottolinea come in Italia, negli ultimi sei anni, il reddito sia crollato del 13% rispetto alla media Europea. Una persona su sedici non può permettersi un’alimentazione adeguata. Il reddito mensile di una famiglia su sei non è sufficiente a soddisfare bisogni primari nell’ultima settimana del mese. La situazione, per molti italiani, è dunque catastrofica e determina un clima sociale particolarmente instabile, teso e potenzialmente esplosivo. Siamo fortemente preoccupati perché, non solo in Europa, tutte le volte che una situazione di pesante arretramento delle condizioni di vita è stata accompagnata da affermazioni tali da indurre le masse a pensare che la causa principale delle difficoltà siano minoranze etniche, religiose e sociali, le conseguenze sono state xenofobia, razzismo, genocidio. Crediamo che Lei, Presidente, si renda conto come l’atteggiamento disinvolto della maggioranza dei “media” nell’equiparare clandestinità e delinquenza possa avere effetti devastanti. Ma ancora di più può avere conseguenze tragiche la scelta di introdurre Leggi, che discriminano i migranti, i rom e i cittadini comunitari poveri. Leggi che non possono incidere sulle cause economico-sociali (che sono molto più profonde e strutturali) che determinano la “sicurezza di tutte e tutti” ma che hanno l’effetto di consegnare al malessere popolare un facile falso obiettivo. Un vero e proprio “capro espiatorio”. In questi giorni l’ONU, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani, ha manifestato riprovazione per il clima di intolleranza e xenofobia che potrebbe dilagare in Italia se venissero approvate leggi discriminatorie. Anche il Vaticano ha criticato la possibilità che in Italia venga introdotto il reato di clandestinità. La nostra indignazione è l’indignazione di chi, per lavoro, è quotidianamente a contatto sia con gli italiani in difficoltà sia con gli immigrati e quindi può affermare con cognizione di causa che le politiche discriminatorie sono ingiuste con chi, con tanta fatica e coraggio, è venuto nel nostro paese per trovare lavoro e danneggiano gli italiani, distogliendoli dall’obiettivo di migliorare le proprie condizioni di vita rafforzando la propria preparazione culturale e professionale. Ci rivolgiamo a Lei, Signor Presidente della Repubblica, in quanto garante della Costituzione e del vivere civile nel nostro paese affinché prenda una posizione ferma a difesa di principi fondamentali per la democrazia e la giustizia. Le chiediamo che, dall’alto della sua Autorità Istituzionale, si appelli a tutte le forze politiche affinché un uso improprio e disinvolto dei termini non infiammi il clima sociale: la mancanza di “documenti regolari” non può essere considerata, in assenza di reati, alla stregua di un delitto. Pensiamo che Lei debba chiedere un atto di onestà intellettuale ai politici di tutte le parti e ai governanti affinché dicano chiaramente, in modo che tutta la popolazione italiana lo possa comprendere, che le lavoratrici e i lavoratori immigrati “regolari” di oggi, che tanto sono preziosi per l’economia italiana, sono i “clandestini” di ieri. Se gli uomini politici e i governanti non si assumono la responsabilità di dire le cose come sono, le chiediamo di ricordarle Lei: i 900.000 “extracomunitari” regolarizzati con il decreto “emersione dal lavoro nero” del 2004 erano clandestini che lavoravano, spesso in condizioni di indegno sfruttamento, così come i 600.000 “regolarizzati” con “decreto flussi” del 2006. Le chiediamo di denunciare l’ipocrisia della legge in vigore che prevede flussi in entrata dai paesi d’origine di persone che in realtà già da tempo sono nel nostro paese e producono, nella grande maggioranza dei casi, ricchezza con il proprio lavoro e servizi di cura a basso costo per le famiglie italiane. Le chiediamo di affermare con forza che una persona che vive in condizione di clandestinità non può assolutamente essere considerata delinquente solo perché priva di documenti regolari. Il termine delinquente deve essere usato esclusivamente per indicare chi delinque, chi produce morte, direttamente o indirettamente, sia esso italiano, comunitario o extracomunitario. Riteniamo anche che non sia rispettosa della dignità umana una legge che fa diventare clandestini persone che per difficoltà economiche, e non per qualche reato, non sono in grado di rinnovare il permesso di soggiorno Le chiediamo di ricordare ai legislatori che le proposte di legge avanzate sono in contraddizione con l’art.2 della Costituzione “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.” Riteniamo inoltre che il bisogno primario all’istruzione sia, al pari del diritto alla salute, un diritto inviolabile delle donne e degli uomini. Auspichiamo che nessun provvedimento legislativo avalli la richiesta di numero chiuso nelle scuole per gli studenti stranieri e Le chiediamo di affermare con forza il principio che le scuole, al pari degli ospedali, devono essere luoghi di accoglienza e non di esclusione Le chiediamo, Presidente, di non avallare con la sua firma leggi che abbiano connotati discriminatori e ricadute xenofobe In particolare le chiediamo di non sottoscrivere: · Una legge che introduca il reato di clandestinità; non può essere reato un comportamento che è appena equiparabile ad una irregolarità amministrativa. · Una legge che preveda pene diverse per uno stesso reato; una tale norma distruggerebbe alla base il principio che la “legge è uguale per tutti”. · Una legge che preveda una detenzione amministrativa nei CPT di 18 mesi; riteniamo già inaccettabile l’attuale possibilità di recludere una persona, che non ha commesso reati, per 60 giorni, ma che il tempo di reclusione amministrativa diventi di un anno e mezzo è sicuramente aberrante. Amelia Angola, Ennio Avanzi, Adriana Baiocchi, Alessandra Benalli, Alessia Berbero, Anna Bertolino, Franca Borio, Roberto Crudo,Mario Rosario Cuozzo, Eleonora D’Avanzo, Luigi De Castelli, Orlando De Gregorio, Clodomira de Maria, Anna Di Gioia, Enrica Donatini, Elena Gobbi, Paola Gonella, Cristoforo Magistero, Sergio Marchis, Erika Elisa Marella, Franca Massa, Maria Miglio, Emanuela Nesci, Adriana Omedè, Giovanna Saladino, Monica Sanna, Renata Schirò, Roberto Urbano, Marica Vita, Fulvio Vitale Pianca, Maria Teresa Vottero.




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