“Il mediatore Interculturale è la figura professionale chiave per la convivenza e la crescita della società in chiave sempre più plurale e all’avanguardia con le trasformazioni culturali in atto.”
Ahmed Osman è un mediatore interculturale italo-egiziano. Nato a Kalubia in Egitto nel 1976 si è trasferito in Italia oltre 18 anni fa. Il suo lavoro è da sempre legato a temi sociali e, in particolare, si occupa da anni di immigrazione e accoglienza..
Fa parte del direttivo dell’associazione Refugees Welcome Italia Onlus che lavora per la promozione dell’accoglienza domestica dei rifugiati.
Ahmed è un appassionato viaggiatore, fotografo, autore di diversi cortometraggi a tema sociale e curatore di diverse mostre fotografiche.
Come mediatore interculturale qualificato, lavora dal 2004 nelle Province di Alessandria e di Asti. Impegnato principalmente con la Coompany ma anche nei settori educativi come in carcere, scuola e comunità per i minori, così anche quelli informativi negli sportelli per il lavoro.
MediatoreInterculturale.it – Buongiorno Ahmed. Secondo lei, qual’è la definizione più “giusta” della professione del Mediatore Interculturale (MiC)?
Ahmed Osman: Il Mediatore Interculturale è una persona che, per capacità, competenze, attitudine ed esperienza fa da ponte tra culture diverse (solitamente tra una cultura di origine e una di approdo). Il MiC lavora in diversi ambiti per facilitare la comunicazione e la comprensione tra migranti e autoctoni, più specificamente tra fruitori dei servizi territoriali e operatori di quei servizi. Ha un ruolo fondamentale nella risoluzione dei conflitti in generale e, in modo particolare, dei conflitti derivanti da incomunicabilità e estraneità culturale.
MediatoreInterculturale.it – Quali sono le differenze tra queste tre professioni: educatore, assistente sociale, mediatore interculturale?
Ahmed Osman: L’educatore ha il compito di insegnare.
L’assistente sociale ha il compito di sostenere.
Il MiC ha il compito di facilitare.
MediatoreInterculturale.it – Spesso si confondono i ruoli tra il facilitatore linguistico e il Mediatore Interculturale. Perché, secondo lei?
Ahmed Osman: La confusione avviene perché si confonde la professione di interprete e traduttore con quella del MiC e si pensa che quest’ultimo svolga una mera funzione di traduzione dalla lingua di origine a quella del luogo in cui si vive e viceversa.
In realtà, un aspetto importantissimo di questa professione è l’interpretazione e la decodifica culturale che può essere efficace solo grazie all’intervento di una persona qualificata che abbia alle spalle un percorso migratorio e che conservi in sè memoria e tradizioni del luogo di origine e sufficiente vissuto ed esperienza del luogo di approdo.
MediatoreInterculturale.it – Lei è egiziano, musulmano e immigrato in Italia. Come convivono le minoranze religiose in Egitto? e poi, dal suo punto di vista di migrante, come vede questa stessa convivenza qui in Italia?
Ahmed Osman: Io sono musulmano e osservante. Vivo la mia religione in modo personale e rispettoso delle altre intorno a me, sia in Egitto che qui in Italia, pur riconoscendo alcune difficoltà di convivenza, soprattutto negli ultimi anni.
In particolare qui in Italia (e in generale in occidente) i pregiudizi sono diventati la regola nel rapporto tra le diverse religioni e spesso anche i governanti contribuiscono a creare un clima ostile e facili allarmismi sull’argomento.
MediatoreInterculturale.it – Quali sono le sue aspettative come MiC per il futuro?
Ahmed Osman: Le mie aspettative per il futuro riguardano soprattutto il riconoscimento, non solo a livello formale, della figura del MiC come professione chiave per la convivenza e la crescita della società in chiave sempre più multietnica e all’avanguardia con le trasformazioni culturali in atto.
MediatoreInterculturale.it – Che cosa si può migliorare nella professione?
Ahmed Osman: Credo che la costituzione di un albo nazionale riconosciuto possa migliorare molto lo stato della professione del MIC e possa favorire una maggior consapevolezza da parte delle istituzioni stesse. Inoltre penso che in futuro sia auspicabile l’inserimento di almeno un MIC in ogni servizio o dipartimento di una certa importanza e che abbia a che fare con il pubblico, perciò rivolto ad un gruppo di fruitori sempre più variegato ed eterogeneo.
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