Intervista al Prof. Foad Aodi, Presidente AMSI, su sanità e convivenza multiculturale

18
Feb

Prof. Aodi: “Gli stranieri non portano malattie, ma si ammalano in Italia per la povertà”

Un’intervista al prof. Foad Aodi, presidente dell’AMSI, su come cambia il diritto universale alla salute in un’era di frontiere chiuse e società sempre più multiculturali.

Il professore Foad Aodi è un fisiatra di origine palestinese, residente e attivo in Italia da moltissimi anni. E’  il Presidente dell’Associazione dei Medici di Origine Straniera in Italia (AMSI) e del Movimento Internazionale Transculturale Interprofessionale “UNITI PER UNIRE”; inoltre, è membro del FOCAL Point per l’integrazione in Italia, per l’alleanza delle Civiltà UNAOC-Organismo ONU, nominato nel 2015 dal Ministero Affari Esteri italiano.

Mediatoreinterculturale.it l’ha contattato in questi giorni per parlare di sanità e multiculturalità.

 

Mediatoreinteculturale.it: Prof. Aodi, ci può spiegare un po’ cos’è l’AMSI?

Prof. Foad Aodi: LAssociazione Medici di Origine Straniera in Italia (AMSI) è nata nel 2000, si occupa dei medici e dei professionisti stranieri in Italia, attivi nel campo sanitario,  e si focalizza su cinque campi molto importanti.

Il primo: ascoltare i colleghi per cercare di risolvere i loro problemi come abbiamo fatto nel 2000, quando c’erano più problemi, come l’iscrizione all’Ordine dei medici, agli albi professionali, l’accesso alle scuole di specializzazione e la partecipazione ai concorsi pubblici che erano chiusi ai medici senza cittadinanza italiana. L’associazione mette insieme tutte le problematiche e e le sottomette alle istituzioni per cercare soluzioni. Infatti, molte problematiche sollevate da noi sono state risolte. Oggi, un medico con o senza cittadinanza può iscriversi in Italia ad albi e concorsi pubblici.

L’altro punto è organizzare convegni di aggiornamento professionale insieme ai colleghi italiani. Infatti,  in 17 anni abbiamo fatto 500 convegni e congressi. Il 2 dicembre abbiamo il secondo convegno del diciottesimo corso dell’AMSI. Ogni volta partecipano 500 medici italiani e stranieri. I corsi sono riconosciuti dal Ministero della Salute.

Quindi non è solo un’associazione di stampo sindacale ma, affronta anche le questioni della medicina in una società multiculturale?

Prof. Foad Aodi: Sì, questa mossa, di creare un’associazione di medici di origine straniera, è un modo per cercare di ascoltare e risolvere le questioni professionali, ma anche per essere più integrati e più efficaci nella sanità nazionale.

Infatti,  abbiamo lanciato dal 2000 delle iniziative per assistere gli stranieri attraverso gli ambulatori AMSI, in accordo con varie ASL di Roma, dove i nostri medici volontari curano i migranti con o senza permesso di soggiorno. Questo è importante per aumentare la prevenzione tra i cittadini più disagiati, quelli che non hanno documenti e che hanno difficoltà nel trovare lavoro e casa.

E gli abbiamo dimostrato che gli stranieri non portano malattie, ma si ammalano in Italia per problemi legati al lavoro, agli alloggi non idonei, problemi psicologici; malattie della povertà e della marginalità.Questo anche per combattere l’allarmismo di alcuni attori politici che dicono che gli immigrati portano le malattie.

Insieme ad altri organismi, avete lanciato il manifesto “Sanità e multiculturalismo”. Ci può dire cos’è?

Prof. Foad Aodi: E’ un manifesto che parte da lontano. Dalla nostra esperienza, dal 2000. Poi insieme ad altre associazioni e comunità sia italiane, sia di origine straniera, abbiamo percorso questi 17 anni aggiornando il manifesto. Perché le situazioni cambiano. Noi proponiamo soluzioni aggiornate ai problemi di oggi.

Prima di tutto, una legge sull’immigrazione europea. Con diritti e doveri unificati. La questione non deve più essere affrontata dai singoli paesi ma dalla comunità europea, perché la crisi dei richiedenti asilo deve essere affrontata dividendoli per quote su tutti i paesi europei.

Secondo, istituire un diritto alla salute universale, non legato allo status della persona. Perché noi siamo medici e la nostra missione è di curare il paziente qualunque sia la sua situazione.

Il terzo punto è quello di fare prevenzione e ricerca sulle patologie più emergenti, le malattie della povertà che stanno aumentando. Questo per dare cure adeguate a chi soffre. Ma, dall’altra parte, è per fare prevenzione per evitare eventuali epidemie e togliere la forza ai discorsi “populisti” che accusano già i migranti di essere portatori di malattie. Perché questo crea allarmismo, soprattutto nelle scuole. Con i genitori che pensano che i figli dei migranti portino delle malattie e possano contagiare i loro figli.

Per questo, tutti devono essere incoraggiati a presentarsi e chiedere di essere curati. Anche chi non è in regola, le prostitute, i lavoratori in nero che si infortunano, ma non osano farsi curare per paura di perdere il posto.

Un’altra priorità dell’AMSI è la costruzione dei ponti con i paesi d’origine. Infatti, negli ultimi anni abbiamo fatto tante missioni in vari paesi africani e mediterranei. E grazie a una collaborazione con la regione Lazio, siamo riusciti a far venire e curare, in 10 anni, più di mille bambini malati gravi. Hanno ricevuto cure in chirurgia, oncologia, ortopedia.

Per tornare alla multiculturalità, in che modo la convivenza di varie culture può cambiare l’approccio medico?

Prof. Foad Aodi: Questo è un altro aspetto molto importante. Ci sono molti aspetti. Ad esempio, ci sono comunità presenti sul territorio che non si fanno curare facilmente dal sistema sanitario, preferiscono curarsi tra di loro. E’ importante evitare le cure fai da te.

Un altro aspetto è l’introduzione di nuovi bisogni sanitari di alcune comunità. Ad esempio, la circoncisione dei bambini presso le comunità musulmane e ebraiche e non solo. Siamo riusciti a introdurre questa pratica in ambito ospedaliero; prima non era ammessa. Adesso molte famiglie portano i bambini, non gratuitamente, ma pagando un ticket, per fare l’intervento in una struttura pubblica e con garanzie di sicurezza. La generalizzazione di questa pratica negli ospedali è molto importante e permetterebbe di evitare le operazioni fatte clandestinamente a casa, in dubbie condizioni igienico-sanitarie e con molti rischi per la salute dei bambini.

Per tornare ai nostri punti programmatici, noi mettiamo l’accento anche sulla necessità di un buon apprendimento della lingua italiana da parte dei cittadini stranieri per facilitare l’integrazione e evitare la creazione di ghetti mono-culturali.

Poi, intensificare il dialogo interculturale e interrreligioso perché molto spesso anche la religione gioca un ruolo negli aspetti sanitari.

Dobbiamo garantire a tutti un diritto alla salute, ma dall’altra parte dobbiamo dire ai nostri concittadini di origine straniera che chi vive in Italia deve rispettare le leggi italiane, capire bene la lingua italiana, per capire meglio i diritti e I doveri perché l’integrazione si fa in due.




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