Intervista, Pape Diaw: “La mediazione in piazza” una esperienza replicabile in tutta Italia.

18
Feb

Intervista con Pape Diaw, storico mediatore e attivista Italo-senegalese in Toscana, sull’esperimento di mediazione di piazza portato avanti a Sesto Fiorentino, sulla situazione attuale e su come la mediazione interculturale, se incoraggiata, potrebbe portare a concreti miglioramenti nelle relazioni sociali.

Pape Diaw in Toscana è una figura molto conosciuta e rispettata. Arrivato dal Senegal nel 1979, in Italia ha studiato ingegneria, poi ha lavorato in vari ambiti. Attivo nella società civile, ha fatto e fa tuttora politica, passando da una esperienza una esperienza di consigliere comunale a Firenze. E’ un cittadino attivo, una voce autorevole, sia in città a Firenze che in tutta la Toscana, sulle questioni legate all’immigrazione e alla convivenza tra culture.

Alla Mediazione Interculturale ci è arrivato con l’esperienza, come accadeva con le prime generazioni di migranti. E’ un mediatore naturale. Membro influente della comunità senegalese in Toscana, ha sempre fatto da tramite tra i suoi connazionali e le istituzioni. Con il tempo si è fatto conoscere come portatore di pace, persona in grado, con i suoi discorsi pacati e ragionevoli, di portare la serenità laddove gli animi si erano scaldati per un conflitto.

Negli ultimi mesi si è parlato molto in Toscana di un suo esperimento di mediazione sociale di piazza, realizzato per conto della Cooperativa Cenacolo. Una storia che abbiamo raccontato su questo sito, ma che è arrivata persino sulla pagina internazionale del Quotidiano Britannico The Guardian. Un esperimento di mediazione di Piazza per avvicinare i profughi al resto della cittadinanza.
Abbiamo sentito Pape Diaw al telefono per parlare di questo esperimento interessante e di come potrebbe essere riproposto in altri luoghi e altri ambiti.

L’intervista

MediatoreInterculturale.it: Buongiorno Pape. Come nasce questo esperimento di mediazione di piazza?

Pape Diaw: Circa 2 o 3 anni fa, con l’arrivo dei primi rifugiati a Sesto, avevamo notato che molti di loro si sedevano sulla piazza principale, molto bella, molto grande, di fronte al comune. Una piazza frequentata da molti gruppi: anziani italiani, donne romene, mamme con bambini… Ma senza nessuna comunicazione tra di loro.

Un giorno abbiamo deciso di chiedere alle persone presenti cosa pensano dei rifugiati. Io ho parlato con gli anziani: se avevano visto i rifugiati, e cosa ne pensavano.

Alla mia sorpresa, la reazione fu molto positiva. Ci dissero: « Ma noi li vediamo, ma non ci parliamo mai. Diteli di avvicinarsi, di raccontarci un po’ la loro storia, magari così ci conosciamo e possiamo capire, da dove vengono, cosa fanno »… E’ nata un po’ così.

Frequentando la piazza, ho notato che era piena di mozziconi di sigarette, allora abbiamo fatto un volontariato insieme, abbiamo pulito tutta la piazza. Gli anziani hanno apprezzato molto e hanno detto: « Magari facciamo un giro insieme e anche noi raccontiamo la storia dei luoghi e la tradizione operaia… »

Le donne romene, il giovedì quando non lavorano, stanno lì. Abbiamo parlato anche con loro e la risposta è stata molto positiva. Abbiamo parlato anche con tutti i commercianti ed esercenti del posto. Siccome si lavorava sull’inserimento lavorativo, allora i ragazzi hanno fatto i loro curriculum e con i negozianti si sono organizzati dei finti colloqui di lavoro, per far capire a loro come funziona, che domande fanno di solito i datori di lavoro. E’ tutto un gioco. E’ nato per caso e si sviluppa tutto da sé.

Quella piazza, una volta era un luogo di socializzazione importante. Ora è frequentata da vari gruppi che non comunicano. Allora, stiamo pensando, appena torna la bella stagione, di organizzare un evento in cui i gruppi si presentano e imparano a conoscersi. Anche il comune si è dimostrato interessato. E la cosa sta prendendo importanza.

MediatoreInterculturale.it: Lei, in Toscana è uno dei mediatori più anziani. Da quanto tempo pratica la mediazione?

Pape Diaw: Ho iniziato molti anni fa in seno all’associazione dei Senegalesi a Firenze. Poi ho smesso. Verso l’anno 1993, la Regione Toscana ha organizzato il primo corso di mediazione Interculturale. Non sono riuscito a parteciparci perché, giustamente, era destinato a chi non aveva un lavoro e io in quel periodo ero occupato a tempo pieno. Ma ho sempre seguito queste tematiche. Sono stato in Francia per seguire dei progetti di mediazione in ambito familiare e di mediazione sociale in piazza… Ho seguito anche molti progetti qui in Italia, con l’università e altro. E poi negli ultimi 5 anni mi sto occupando di Mediazione Interculturale con i richiedenti asilo a tempo pieno.

 

MediatoreInterculturale.it: Come vedi la figura e il ruolo del Mediatore Interculturale oggi?

Pape Diaw: Ho seguito le storie di centinaia di persone: rifugiati e richiedenti asilo… E lavorando in questa realtà mi rendo conto di come la figura del mediatore deve essere valorizzata. Ho la convinzione che la mediazione sociale, linguistica, culturale deve essere messa in valore, sostenuta. Non deve essere vista come traduzione e basta.

Ad esempio, negli ultimi tempi ci si è resi conto dell’importanza della mediazione Interculturale in ambito sanitario. Ma dal punto di vista clinico, cioè della cura, non solo amministrativo. A Pisa hanno iniziato a fare un corso specializzato per questo. E’ una attività che, se venisse rafforzata, porterebbe molte soluzioni alle tensioni sociali che attraversano il paese in questo momento. Io ad esempio, sono specializzato nella mediazione dei conflitti. Sono bravo ad ascoltare e parlare con le parti in conflitto, per riportare pace negli animi.

E questa iniziativa di Sesto, la vogliamo piano piano, allargare a molte altre piazze. Speriamo che continui ad essere efficace, che non si folclorizzi, che non diventi solo una cosa fatta per fare. Questo tipo di esperimenti può anche indirizzare la politica, laddove vuole risolvere i problemi, sulla direzione nella quale bisogna agire.

 

MediatoreInterculturale.it: E in che direzione bisogna agire?

Pape Diaw: Dalla morte di Jerry Maslo a Villa Literno (1) ad oggi tante cose sono state fatte: movimenti, associazioni, coordinamenti… Ma cos’è rimasto? Nulla. Siamo alla caccia all’immigrato.

Credo ci sia una grande battaglia culturale da fare: lavoro nelle scuole, formare e rafforzare l’associazionismo degli stranieri (su nuovi basi), lavorare nelle strade, nelle piazze… Per cambiare le mentalità.

 

MediatoreInterculturale.it: Di Piazze come quelle Di Sesto Fiorentino ce ne sono tante in Italia. Il progetto che avete fatto è riproducibile in altri luoghi?

Pape Diaw: Se c’è la volontà politica, si possono fare molte cose. Piazze come queste si possono trovare in tutta Italia. E le dinamiche sono sempre le stesse: disoccupati, mamme con bambini, donne sole, collaboratrici domestiche, anziani pensionati, migranti e rifugiati di varie nazionalità. Tutti gruppetti che si incrociano tutti i giorni ma non si guardano mai in faccia.

Da molto tempo si parlava di ricreare legami sociali sulle piazze d’Italia. Ad esempio in Toscana, tempo fa, si parlava in un progetto di «panchina relazionale». Cioè rilanciare la comunicazione nei luoghi pubblici. Quindi questo esperimento si può fare ovunque in Italia. Ci vuole solo volontà.

 

Note:

(1). Jerry Essan Masslo è un rifugiato sudafricano in Italia, assassinato a Villa Literno, in Campania, il 25 agosto 1989. La sua morte era dovuta al fatto che lottava per il diritto dei braccianti agricoli stranieri. La sua uccisione emozionò profondamente l’opinione pubblica e portò alle prime manifestazioni per il diritto dei migranti e contro il razzismo in Italia e ad una riforma della normativa per il riconoscimento dello status di rifugiato.
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