Fatima Ait Kablit, Acqui Terme.  “Le culture devono dialogare per trovare una convivenza pacifica e armoniosa”

18
Feb

Fatima Ait Kablit, d’origine marocchina, è Mediatrice Interculturale attiva in due Province del Piemonte Orientale (Asti e Alessandria) da quasi 16 anni. Nel 1998 arrivò in Italia per ricongiungimento familiare. Si trovò subito in una realtà diversa da quella che aveva vissuto in Marocco. La cultura e la lingua erano molto lontane dalla sua. Arrivò con l’idea di fare la donna di casa, perché le condizioni glielo permettevano, ma subito capisce che aveva in sé delle risorse(laurea in lingue straniere) che doveva attivare per partecipare alla vita sociale.
Decide di frequentare corsi di lingua italiana e con tenacia arriva ad avere il diploma di maturità e il diploma di tecnico nel campo amministrativo e informatico.

Dopo la nascita del figlio frequenta il corso di formazione organizzato dalla Provincia di Alessandria per diventare mediatrice interculturale. Dopo il corso comincia la sua carriera nel campo della mediazione, tutta in salita.

Lei è una donna fortemente impegnata nell’ambito sanitario, scolastico, giuridico, formazione di lingua e sportello informativo presso i comuni delle due province.

Il sito mediatoreinterculturale.it l’ha sentita per raccontare il suo percorso lavorativo, la sua visione sul mestiere di Mediatrice Interculturale, ma anche per parlre delle donne e in particolare di quelle di origine araba.

L’intervista

Mediatoreinterculturale.it: – Qual’è, secondo te, la definizione più ” giusta “della professione del Mediatore Interculturale (MIC.)

Fatima Ait Kablit: – Il Mediatore Interculturale è una figura che svolge il suo lavoro mediando tra l’utenza della sua propria cultura (tanti paesi arabi e africani francofoni e anglosacsoni nel mio caso) e i servizi del paese che lo ospita.
E’ diverso dall’interprete per il fatto che il mediatore media tra due culture, invece l’interprete e’ un traduttore di lingue. Questo dimostra che il mediatore e’ considerato una figura che esegue un lavoro molto più ampio, profondo e importante.
Con il continui flussi migratori rende questa figura molto utile in quasi tutti gli istituzioni statali e non.

 

Mediatoreinterculturale.it :- Quali sono i punti di forza e di debolezza del MIC?

Fatima Ail Kablit:- Il mediatore interculturale e’ una figura molto utile nell’adoperare le sue competenze presso i servizi dove la presenza maggiore è quella dell’utenza straniera.

Il punto di forza è la capacità del MIC di risolvere i conflitti causati da fraintendimenti e incomprensioni da ambedue i lati. Aggiungo anche la conoscenza dei codici culturali che permette di tradurli e offrire soluzioni soddisfacenti

Come punto di debolezza sottolineo il non riconoscimento professionale della figura del MIC a livello di Stato. Finora è riconosciuto solo a livello regionale. Un vero peccato questo, da non considerare o sotto valutare gli sforzi, gli impegni e l’esperienza maturata in tanti anni di lavoro per una generata di mediatori culturali formati in jn quarto del secolo in Italia.

 

Mediatoreinterculturale.it: – Dopo 30 anni di immigrazione in Italia che bilancio fa sulla situazione della donna tra “qui” e il suo paese d’origine?

Fatima Ait Kablit:- E’ vero che arrivo da una cultura, quella araba, dove regna la mentalità maschilista. Ma non come la pensa l’occidente. Secondo me questo pregiudizio e’ partito ai tempi della nascita dell’essere umano: prima e’ nato Adamo e poi di seguito Eva. La donna araba segue il marito in tutto e per tutto anche nei minimi dettagli della vita. Quando si sposa va ad abitare con la sua nuova famiglia e si adatta ad un ritmo di vita diverso da quello che era prima del matrimonio. Pochi sanno che la donna araba non gestisce solo le faccende di casa e la cura dei figli, ma anche il bilancio della famiglia. È il compito della donna di gestire la vita economica in base delle entrate finanziare del suo marito. Sembra assurdo per un occidentale a capirlo, ma la donna lavora anche dietro il palcoscenico della casa. Grazie ai corsi di formazione rivolti a loro, in modo particolare quelli di alfabetizzazione, la donna araba riesce a comunicare, accompagnare i figli a scuola, in ospedale e nei posti di svago. Rimane la cultura un aspetto che non viene cancellato ma modificato con moderazione.

 

Mediatoreinterculturale.it : – Quali azioni servono da parte dei Servizi per sostenere la donna che subisce violenza dentro le mura di casa?

Fatima Ait Kablit:- Una parte di donne che arrivano dal mondo arabo hanno avuto problemi con i compagni. Dalle mie esperienze maturate in quasi 18 anni, i problemi nascono per due motivi: dal fatto che la famiglia del marito si intromette nella vita della copia, perché il loro figlio viene considerato una fonte materiale per il loro sostegno; una volta lontano cresce la paura che gli aiuti destinati a loro venissero diminuiti oppure sospesi, e a questo punto si da la colpa alla moglie che si presume possa mettere il loro figlio contro di loro.
Il secondo motivo invece, è che alcuni mariti temono le trasformazioni che le loro mogli possano diventare occidentalizzate e diventano gelosi e possessivi anche conservatori della loro cultura e così via, nascono i conflitti di coppia.
Esiste un terzo problema e riguarda il matrimonio misto (un’araba si sposa con un occidentale). Spesso, all’interno del matrimonio nascono dei problemi legati ai fraintendimenti culturali. Le culture non sono mai state uguali e non lo saranno mai;
si cerca di mettere insieme in un equilibrio e trovare dei compromessi per raggiungere una convivenza pacifica e armoniosa. Bisogna puntare nell’informare e formare soprattutto le donne per conoscere e difendere i loro diritti nei luoghi che frequentano (ospedali, consultori familiari, scuole, centri di aggregazione, moschee) scritti anche in lingua araba perché tante non conoscono la lingua italiana.




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