LE GIORNATE DI ORIENTAMENTO, II EDIZIONE. La professione di mediatore interculturale, sotto i riflettori anche quest’anno

18
Feb

Via alla seconda edizione delle “Giornate di orientamento, introduzione al corso di mediatore interculturale”, il ciclo di incontri firmati A.M.M.I. che porta face to face gli aspiranti alla professione di mediatore interculturale e i professionisti della mediazione.

L’iniziativa è promossa dal Tavolo Formazione Mediatori, istituito su richiesta dell’associazione A.M.M.I., e vede la partecipazione del Settore Formazione Professionale della Regione Piemonte, Servizio Formazione Professionale della Città Metropolitana di Torino e delle quattro agenzie formative che gestiscono attualmente il corso di mediazione interculturale sul territorio: En.A.I.P. Torino e Biella, IUSTO Rebaudengo e A.F.P. Cuneo.

Prima sessione – 12 ottobre 2017, Sala Open 11 della Circoscrizione 5, Torino

La prima sessione di orientamento ha visto oltre 90 partecipanti di diverse nazionalità presenti giovedì nella sala Open 11 della Circoscrizione 5.

Richiedenti o titolari di protezione internazionale, ospiti nei centri di accoglienza del territorio, volontari, operatori alla Croce Rossa o semplicemente stranieri residenti in Italia, sono stati uniti da un unico obiettivo: avvicinarsi ad una delle professioni più ambite del momento: il mediatore interculturale.

I professionisti nella mediazione interculturale dell’Associazione Multietnica dei Mediatori Interculturali (A.M.M.I.) hanno messo anche quest’anno sotto i riflettori tutti gli aspetti della professione: le caratteristiche e il ruolo della figura, le competenze necessarie, il quadro legale attuale al traguardo del riconoscimento della professione,  i settori e gli ambiti dove opera, il lessico specifico della professione e i contesti sociali adiacenti con un’analisi diversificata della casistica.

L’intervento di Jacqueline N’Gbe, storica mediatrice di origine ivoriana dell’A.M.M.I, si è basato sull’importanza del lavoro in équipe del mediatore interculturale, soprattutto nel contesto di un centro di accoglienza.

“Quando arrivano le lamentele nei centri di accoglienza, il mediatore è autorizzato a applicare delle correzioni da solo?”, è arrivata la prima domanda dalla sala. (Moungara del Congo)

Il mediatore, da solo, non ha il potere

“Se noi, da mediatori interculturali, non restiamo calmi e non operiamo insieme agli altri, mettiamo tutto il team di lavoro in difficoltà. Il mediatore da solo non ha potere”, ha risposto Jacqueline.

“Il mediatore interculturale deve seguire le regole del centro dove lavora”, ha confermato Dagnogo, riportando la sua esperienza al campo della Croce Rossa di Settimo Torinese.

“Cosa vuol dire équipe?”, chiede Annila del Pakistan.

“L’errore più grade del mediatore? Identificarsi con l’utente”, completa Jacqueline.

Le differenze, approfondiamole tutte

“Qual è la differenza tra il traduttore e il mediatore?”, ha chiesto Roraima.

“Esiste una differenza tra il mediatore interculturale e il coordinare all’interno di un C.A.S.?”, vuole sapere Serges della Costa D’Avorio.

“Qual è la differenza tra il C.A.S. e lo SPRAR?” (A., Senegal)

“Qual è la differenza tra l’educatore e il mediatore interculturale?”, ha chiesto Yldiz della Turchia.

Il segreto professionale e i settori di lavoro per il mediatore interculturale

“Esiste un limite del segreto professionale per un mediatore?” (Georges, Camerun)

“Come si comporta il mediatore davanti a un utente connazionale”?  (M., Perù)

La comunità cinese in Piemonte – il mediatore anche decodificatore dei simboli culturali

La mediatrice di origine cinese Gu Ai Lian, presidente dell’associazione culturale “Zhi Song”  ha risvegliato  la curiosità sulla comunità cinese, tra i partecipanti alla “Giornata di Orientamento”.

Gu Ai Lian ha sottolineato l’importanza per un mediatore di conoscere la cultura di orgine dell’utente per individuare correttamente il suo bisogno.

L’interesse al tema era elevato tra i partecipanti:

“Non ho mai visto un funerale cinese. Cosa succede dopo la morte di un cinese?”

“Perché i cinesi lavorano sempre tra di loro”?

“Perché non ci sono bambini cinesi negli asili nido?”

Gu Ai Lian ha parlato del rituale della cremazione nella comunità cinese, dell’abitudine dei cinesi di mandare i loro figli in Cina dopo soltanto 40 giorni della loro nascita e delle pratiche mediche tradizionali  che, in assenza di un buon mediatore, possono essere fraintese come violenze fisiche.

Il lessico professionale – le parole chiave della mediazione interculturale

La prima giornata di orientamento si è conclusa con un focus group sulle parole chiave della professione come il pregiudizio, shock culturale, empatia, trauma migratorio o l’ascolto attivo.

I futuri mediatori interculturali hanno portato degli esempi della loro vita quotidiana.

“Ero sulla barca, da tante settimane in viaggio, e guardavo sempre l’orizzonte sperando di intravedere un pezzo di terra. Invece vedevo solo il mare. E’ questo il mio trauma migratorio”, ha spiegato B. della Guinea.

Seconda sessione – 19 ottobre, Centro Servizi per il Volontariato, Biella

 

Curiosità e tanta voglia di mettersi in gioco, sono queste le caratteristiche che definiscono l’incontro tra i tutor dell’A.M.M.I. e gli aspiranti alla professione  di mediatore interculturale presenti a Biella il giovedì scorso.

Di seguito, i momenti e gli interventi più interessanti della giornata:

“Il mediatore interculturale non è traduttore e non si deve sostituire all’utente”, ha spiegato Juliana Cortes, mediatrice e psicologo, riconfermando l’importanza dello psicologo durante i colloqui con gli utenti.

Il ruolo del mediatore interculturale all’interno di un centro accoglienza (C.A.S. oppure seconda accoglienza, nei progetti SPRAR) spiegato da Jacqueline N’Gbe ha scattenato una valanga di domande in sala:

“Qual’è la permanenza in un progetto SPRAR”, volevano sapere Nesbitt (Venezuela) e Jaafer (Arabia Saudita).

“Perché i richiedenti asilo non possono accedere direttamente allo SPRAR e devono permanere in un primo tempo nei centri C.A.S?”, ha chiesto Suley (Senegal).

Jacqueline, mediatrice ivoriana gli ha risposto con un’altra domanda:

“Appena arrivato in Italia,  sai usare il riscaldamento, gli elettrodomestici, sai prendere le medicine o sai muoverti con i servizi? La permanenza in un C.A.S. serve anche a educare l’utente , a prepararlo per prendere i documenti, perché poi venga trasferito in un progetto SPRAR, quando ha già un progetto di vita chiaro”, ha spiegato Jacqueline.

Gu Ai Lian ha riportato di nuovo le particolarità sulla comunità cinese.

“Quando incontrate un cinese, non baciatelo, non abbracciatelo, lo spaventate. Non è abituato”

“Ai bambini bisogna dare non solo pane e carote, ma anche il bastone” (proverbio cinese), presentato da Gu Ai Lian esemplificando il concetto di educazione dei bambini per la comunità cinese.

I “tre coltelli” – i mestieri degli immigrati cinesi in Italia

“Ci sono tre antichi mestieri degli immigrati cinesi in Italia: il sarto, il cuoco e il parrucchiere. Noi li chiamiamo i mestieri  dei tre coltelli”, ha spiegato Gu Ai Lian.

Le criticità e le opportunità del mediatore interculturale

Come per qualsiasi altra professione, anche chi fa il mediatore interculturale incontra delle difficoltà, ma si trova anche davanti alle opportunità di sviluppo professionale.

Christian Deku, mediatore interculturale del Ghana, diplomato presso l’En.A.I.P. di Biella, ha parlato della sua esperienza da facilitatore linguistico in un C.A.S. nel biellese al mediatore interculturale, qualifica acquisita quest’anno.

Anche Gladys  Castro, mediatrice di origine colombiana, diplomata presso l’En.A.I.P. di Biella, ha presentato la sua esperienza durante il corso e ha sottolineato il ruolo del mediatore con varie tipologie di utenti come anziani, disabili o bambini.

Ana Ciuban


 

 




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