“Le Giornate di Orientamento”, una finestra verso il futuro della professione di mediatore interculturale

18
Feb

L’associazione Multietnica dei Mediatori Interculturali (A.M.M.I.) ha organizzato a Torino, nel periodo 14-19 ottobre,  “Le Giornate di Orientamento”, sei giorni di preparazione e accompagnamento verso il corso regionale di mediatore interculturale.

L’evento, suddiviso in due sessioni,  si è tenuto presso le sedi della Circoscrizione 6 (14-16 ottobre) e della Circoscrizione 5 (17-19 ottobre) e ha riunito oltre 60 partecipanti provenienti dai centri di accoglienza e di assistenza straordinaria (C.A.S.) del territorio piemontese.

Afghani, siriani, pakistani, nigeriani, ivoriani, senegalesi, camerunensi, congolesi, togolesi, maliani o burkinabé, sono solo alcune delle nazionalità dei candidati iscritti a “Le Giornate di Orientamento”.

 

I tutor dell’A.M.M.I. hanno seguito e hanno presentato agli aspiranti mediatori concetti cardine della mediazione interculturale come il decentramento culturale, il pregiudizio, l’empatia, l’ascolto attivo oppure la giusta distanza emotiva.

Le lezioni durante  “Le Giornate di Orientamento” sono state interattive, caratterizzate da un permanente scambio bidirezionale di esperienze e opinioni tra i tutor e gli allievi.  Lo hanno detto sia i tutor, sia gli allievi.

“Quando uno pensa di dare e invece si finisce per ricevere. Pensavo di fare lezione e sono stato io ancora ad imparare. Giornate piene di vita: ho visto sguardi molto attenti, lacrime, ma soprattutto grandi sorrisi di speranza. Forza, coraggio e grande dignità. Ragazzi semplicemente fantastici”, racconta Walter Marin, tutor dell’A.M.M.I.

Molto partecipativi, attivi durante la lezione e curiosi nel seguire”, dice Indrit Aliu, uno dei tutor dell’A.M.M.I.

Mi è piaciuta tanto la parte del segreto professionale, la <<promessa>> che un mediatore interculturale fa all’utente”, ha spiegato Islem della Tunisia.

Ho fatto una  breve presentazione sulle modalità  di iscrizione al corso regionale  e ho condiviso la mia esperienza di neodiplomata del corso di mediatore interculturale. Mi è bastato per osservare sin da subito un gruppo coeso, con livelli congruenti del pensiero, anche se eterogeneo culturalmente”, racconta Ana dell’A.M.M.I.

Allora, c’è bisogno di un mediatore interculturale dall’inizio, non quando la situazione diventa complicata “, dice Sekhou, (Senegal), approvato immediatamente da tutti i suoi colleghi.

Uno strumento di insegnamento efficace è stato anche <<i giochi di ruolo>>, che aiutano ad affinare le competenze di ascolto attivo, di partecipazione verso il raggiungimento ell’obiettivo, di elaborazione sul percorso migratorio personale, di conoscenza dei propri limiti”, spiega Ina Muhameti, tutor dell‘A.M.M.I.

Una cosa è sicura: ho imparato tanto. E’ un lavoro difficile perché il mediatore è sempre in mezzo e deve considerare la posizione degli altri senza pregiudizi. Poi c’è la deontologia della professione…”, ha raccontato Simon Pierre del Camerun.

Alcuni degli argomenti trattati dai tutor hanno generato un vero dibattito tra i corsisti.

E’ il caso del pregiudizio – l’idea che le persone provenienti dai paesi africani parlino ad alta voce in pubblico.

Per i nigeriani, parlare ad alta voce è un fatto culturale. Se io non urlo quando parlo al telefono con mia madre, lei pensa che io stia male”, ha detto Viktory dalla Nigeria.

Non è valido solo per gli africani, completa Kesi, un ragazzo della Kenya, sposato con un’italiana.

Mio suocero sembra che urli quando parla. E non è africano, è del sud Italia”, risponde Kesi.

Oltre alla dimensione didattica, l’evento ha dato ai candidati anche l’opportunita di raccontare il proprio paese da una prospettiva tutta loro, personale.

“Sapevate che in Marocco ci fosse un festival dove ci si può sposare per davvero?”, ha spiegato Rabii, marocchino che vive in Italia dall’età di 8 anni.

E’ il paese del basilico, del calcio e il primo produttore mondiale di cacao”, ha raccontato Mohamed della Costa D’Avorio.

Tuttavia, i racconti non hanno avuto sempre una linea positiva, allegra.

Qui c’è la Siria, il paese di guerra”, ha detto Nazem, puntando con il dito sulla mappa. “Oggi, qui c’è un NON paese”, aggiunge con tristezza.

L’obiettivo delle due sessioni di orientamento organizzate dall’A.M.M.I. è stato quello di “svegliare” l’interesse per la professione di mediatore tra i ragazzi provenienti dai paesi sprovvisti di tale figura in Italia. Ed è stato raggiunto.

“Mi piacerebbe diventare mediatore interculturale in Italia. Dobbiamo lavorare e ancora imparare tanto”, ha detto Lukman del Ghana.

“Adesso ho capito che il mediatore interculturale non è un interprete”, ha spiegato Alissani del Togo.

Durante “Le Giornate di Orientamento”, i candidati hanno preso coscienza dei loro punti di forza che stanno nellla richezza culturale che ognuno di loro porta con sé con orgoglio: un dialetto raro, un costume/rituale dal proprio paese, un piatto particolare. Tutte queste diventano  un reale bagaglio di attrezzi e strumenti che gli permetteranno di avvicinare con successo due culture, raggiungendo così l’obiettivo della professione di mediatore interculturale.

L’evento è stato promosso dal tavolo sulla formazione di base, istituito su richiesta dell’associazione A.M.M.I., dalla Città Metropolitana e dalle due agenzie formative che gestiscono attualmente il corso di mediazione interculturale sul territorio: En.A.I.P. Torino e SSF Rebaudengo.

L’idea di organizzare delle „Giornate di Orientamento” era quella di introdurre elementi della professione sotto il profilo teorico, al fine di sostenere una maggiore presenza alla selezione del corso di mediatore interculturale di persone provenienti dalle comunità etniche sprovviste di mediatori interculturali come: Africa Centrale, Africa subsahariana francofona e anglofona, Corno d’Africa, Afghanistan, Pakistan, Bangladesh, area curda (turca, siriana e irachena).

Inoltre, le giornate di orientamento intendevano avvicinare la mediazione interculturale ai grandi temi di attualità, rendendola uno strumento fondamentale, capace di rispondere in modo adeguato alle esigenze della società.

 

Per noi, questo è un servizio per il futuro della mediazione interculturale. Ci preoccupiamo tutti i giorni nel rendere la mediazione più attuale, più rispondente alle esigenze della società”, sono state le parole di Blenti Shehaj, il presidente dell’associazione A.M.M.I.

Vorrei ringraziare Città Metropolitana, le due agenzie formative En.A.I.P. e SSF Rebaudengo per il grande sostegno accordato nell’organizzazione di queste giornate”, ha concluso Blenti Shehaj.

Ana Ciuban

 




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