Le pensioni per i lavoratori immigrati

I lavoratori immigrati che lavorano regolarmente in Italia come dipendenti, autonomi, parasubordinati, liberi professionisti e imprenditori, hanno la possibilità di ottenere, con il versamento dei contributi previdenziali, le stesse prestazioni pensionistiche previste per i lavoratori italiani. Pertanto in caso di lavoro subordinato occorre che il datore effettui i versamenti contributivi previsti dalla legge. In caso di attività autonoma, i versamenti vanno effettuati direttamente dal professionista. Al momento in cui cessa l’attività lavorativa se si hanno i requisiti previsti si ha diritto alla pensione a carico dell’Inps.  Se si desidera tornare nel proprio Paese di origine si può richiedere il riconoscimento dei contributi già versati in Italia. Ciò è previsto nel caso in cui esista una convenzione internazionale tra l’Italia ed il proprio Paese di origine. Tali convenzioni permettono ad ogni paese di liquidare la pensione in base alla propria legislazione nazionale. A tal fine il diritto alla pensione si valuta considerando i contributi versati presso tutti gli stati, purchè non sovrapposti. I lavoratori immigrati che rientrano nei Paesi di origine, cessando l’attività lavorativa in Italia, non possono più chiedere la liquidazione dei contributi versati. Con l’approvazione della legge Bossi-Fini questa possibilità è stata eliminata: a partire dalla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni contenute nella legge 189/2002, quindi dal 10 settembre 2002, i cittadini extracomunitari che rimpatriano non hanno più la possibilità di chiedere il rimborso della contribuzione versata.In caso di rimpatrio, comunque, il lavoratore conserva i diritti previdenziali e di sicurezza sociali maturati e può goderne a partire dal 65° anno di età, anche in deroga al requisito contributivo minimo previsto per il pensionamento. La regola è operativa anche in mancanza di un accordo di reciprocità col Paese di provenienza.




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