Legislatura finisce, ma la riforma è prioritaria

Il Domani, 20 marzo 2008
Con la caduta del governo e l’imminente fine della legislatura si perde, speriamo non per sempre, un’altra delle riforme ritenuta da più parti necessaria, quella della legge sull’immigrazione, per la quale era stato presentato un disegno di legge delega al governo per la modifica della legge Bossi-Fini. Il disegno di legge Amato-Ferrero, dal nome dei ministri che lo hanno presentato, che è stato preceduto da un’ampia discussione con le organizzazioni sociali e con le istituzioni sulle prospettive di riforma, ha rivelato una netta discontinuità con la normativa ancora in vigore, contrassegnata dalla concezione dello straniero prima di tutto come problema di ordine pubblico comunque come ospite sempre in prova, e non come risorsa per il paese, e ha assunto l’obiettivo di stabilire un collegamento forte tra la condizione giuridica del migrante e una idea di società multiculturale, cercando di favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di lavoro e promuovendo in questo modo l’immigrazione regolare.
La riforma vorrebbe incidere prima di tutto sulla possibilità di rendere meno astratto il meccanismo di previsione delle quote di ingresso di stranieri nel paese valorizzando le necessità emergenti nel mondo del lavoro, incidere sulla disciplina e sui termini dei permessi di soggiorno consentendo la permanenza degli stranieri che sono sul territorio e che hanno perduto attività lavorativa ma che sono socialmente inseriti, rendere effettivi i rimpatri con una serie di misure che rendano appetibile il rientro nel paese di origine attraverso la previsione di programmi di rimpatrio assistito e volontario e con l’istituzione di un apposito fondo per i cittadini espulsi senza mezzi di sostentamento, combattendo così anche lo sfruttamento dell’immigrazione clandestina che vive anche del “sogno” di ritorno nel paese da cui si è stati allontanati ma nel quale si vuole ritornare non avendo nessuna ragione per rimanere nel proprio.
Altro intervento importante è poi previsto per le disposizioni penali in materia di immigrazioni, oggi di particolare severità, sulle quali la Corte Costituzionale ha già invitato il legislatore ad intervenire laddove non c’è proporzione tra il disvalore del fatto e l’entità della sanzione e la previsione dell’arresto obbligatorio per violazioni di tipo formali, tanto che si può ritenere si sia affermato un diritto penale speciale per gli immigrati, con il quale si punisce non il fatto, ma l’autore del reato, cioè l’immigrato irregolare in quanto tale.
È evidente che l’immigrazione irregolare che non ha possibilità alcuna di diventare legale si trasforma in clandestina e le condotte criminose sono inevitabili, con trasformazione di un gran numero di migranti “per motivi economici” in autori di reato, presenti in misura superiore al 30% nelle carceri italiane e poi destinati ai centri di permanenza temporanea finalizzati all’espulsione, Cpt (Centri di Permanenza Temporanea) per i quali la riforma prevede un sistema differenziato di strutture destinate all’assistenza e al soccorso e altre destinate al trattenimento di chi si è sottratto alla procedura di identificazione, ma con forte riduzione dei tempi di permanenza, oggi pari a 30 giorni prorogabili a 60.
La nuova disciplina vorrebbe disegnare, sia pure con alcune ambiguità, un sistema che renda nel tempo i Cpt, oggetto di fondate critiche per essere comunque luoghi di privazione della libertà personale in assenza di condotte penalmente rilevanti, superati da una serie di istituti che rendano non più necessario affrontare il tema della clandestinità con questi strumenti. Non si può non considerare, infine, come la battaglia ideologica sulla irregolarità degli stranieri come male in sé, e la cultura della insicurezza che su essa si è costruita, sia naufragata tutte le volte che è stato necessario adottare provvedimenti di “sanatoria” di centinaia di migliaia di irregolari, utili all’economia del paese, la cui pericolosità è venuta meno per legge, a dimostrazione di come sia necessario un mutamento di rotta in tema di immigrazione.




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