Mediatore culturale la professione del futuro

18
Feb

Stampa Torino – Essere forte, “esploratore” e paziente. E avere alle spalle un’esperienza di vita significativa in un altro Paese, come l’esserci nato o aver sposato una persona che ci proviene.

Così il professor Michele Grisoni, tutor “storico” di mediatori sin dagli anni ’80, sintetizza il mestiere di mediatore interculturale, figura a cui era dedicato il Tè all’Informagiovani di ieri, 25 giugno: “Un operatore che facilita gli immigrati e i membri delle minoranze etniche ad accedere ai servizi pubblici” recita la scheda di presentazione.
E noi siamo qui in via delle Orfane 20, seduti in cerchio a mangiare pasticcini marocchini e bere tè verde, per capirne di più. Molti presenti sono o stanno frequentando corsi per diventare mediatori, come Albana, Beatriz, Mariana: per chi è ancora studente l’obiettivo è la laurea in mediazione linguistica. Poi invece c’è chi, come Marcelin, rumeno, e Said, 27 anni, mediatori lo sono già, presso l’InformaGiovani di Torino.
Carta d’identità di un mediatore
Il principale compito del mediatore è quello di conoscere molto bene i servizi che la città offre. Casa, lavoro, servizi sociali, sanitari, avvocati, difensori d’ufficio, magistrati, questura, scuola. Dovrà poi offrire consulenze a singoli utenti o gruppi di immigrati, per aiutarli ad integrarsi nella vita del Paese che li ospita.
Ovviamente il primo problema è la lingua: bisogna tradurre documenti e comunicazioni. Il punro focale di questa prima fase è inserire la persona in un contesto di legalità: avere il permesso di soggiorno. Talvolta ci si trova poi davanti a situazioni di sofferenza, che è necessario saper gestire con concretezza. Ma il plus di questa figura è che, conoscendo la cultura dell’immigrato, ne capirà i bisogni non espressi. Marcelin conferma: «Per la sua storia anche il mediatore è stato immigrato. Perciò sa cosa serve ad un connazionale». Lui fa il mediatore culturale nell’ambito della tutela dei minori immmigrati e ha imparato col tempo che un permesso di soggiorno per i minori è un po’ diverso dagli altri, per esempio. E che la cosa più importante per aiutare davvero è crearsi una rete. La rete che un mediatore si costruisce è fatta da altri mediatori e dai servizi: occorre tenersi aggiornati su dove sono, se e quando cambiano, e quale persona di riferimento ci potrà aiutare.
Un po’ di storia
Il professor Grisoni, a suo tempo tutor di Marcelin, fa questo lavoro impegnativo dal 1989, ha 57 anni e una laurea: «Bisogna individuare le potenzialità di chi si presenta ai corsi di formazione, per indirizzarlo meglio. Mi colpisce vedere che qui i partecipanti siano sempre più giovani. Questo è buono perchè la mediazione pratica tra le culture ha ancora molta strada da fare. Negli anni ’80 chi si occupava di stranieri lavorava in un ufficio molto importante per il Comune e rispondeva direttamente al Sindaco. L’ufficio era diretto da Don Fredo Olivero e aveva a che fare soprattutto con maghrebini e tunisini. Nel 1991 – continua Grisoni – l’associazione Harambè sperimentò un primo corso per mediatori e la prima qualifica regionale è arrivata l’anno dopo. Ma il lavoro di mediatore è legato anche a logiche economiche di finanziamento, si lavora su piccoli progetti. Fondamentale poi è il metodo interculturale: lavorare incrociando conoscenze per non essere autoreferenziali. Mi piace ricordare che la collaborazione tra università e formazione professionale è come mettere insieme agronomi e contadini: chi sa la teoria non può fare a meno di chi zappa la terra».
Sbocchi professionali e corsi
Le statistiche stimano il numero dei mediatori intorno alle 500-600 unità, ma solo un centinaio sono gli occupati; per ottenere cifre attendibili bisogna incrociare i dati della Prefettura, della Caritas e dell’Ires. Per esempio ora emerge il problema degli afghani: servirebbe un mediatore per questi migranti, sempre più numerosi nella nostra città, ma finora non si è trovato ancora nessuno.
Per chi fosse interessato ad intraprendere questa professione, il prossimo corso inizia a fine ottobre: 600 ore di cui 400 in aula e 200 di tirocinio; questo periodo è diviso in due periodi, febbraio e giugno, 5 ore al giorno dal lunedì al venerdì. In alcuni casi è possibile ottenere una borsa di studio pari a 2 € per ora di lavoro.
Dopodichè non resta che buttarsi nel mondo del lavoro come qualsiasi altro lavoratore…




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