Dossier: Mediazione Interculturale e integrazione in Europa: 1. L’Italia

18
Feb

La storia della professione dei Mediatori Interculturali in Italia inizia con le grandi ondate migratorie degli anni 90. Un processo veloce e intenso che ha affermato la necessità di una figura di mediazione tra i nuovi cittadini, i cittadini autoctoni e le istituzioni pubbliche e private. L’assenza di quadro normativo chiaro e unificato e la precarietà lavorativa rendono difficile l’affermazione di una professione di cui la realtà quotidiana dimostra sempre di più l’assoluta necessità.

Da terra di emigrazione a terra di immigrazione

L’arrivo in Italia di popolazioni d’origine magrebina negli anni 80′ e albanese negli anni 90′, ha generato difficoltà di tipo nuovo prima nell’ambito scolastico e quello sanitario, poi in seguito, in quelli delle forze dell’ordine e della giustizia, l’amministrazione pubblica, gli sportelli di informazione, le banche e in vari ambiti lavorativi. Nel frattempo i numeri e le aree di provenienza delle nuove popolazioni aumentavano. Urgeva l’ingresso in campo di una nuova figura professionale, quella del mediatore culturale, in grado di tradurre lingue e culture, aiutare a risolvere problemi, proporre soluzioni, mediare nei conflitti, progettare e valorizzare le risorse per una convivenza pacifica tra i cittadini di origine straniera da una parte e la popolazione e le istituzioni italiani dall’altra.
Passando gli anni, con l’arrivo dei flussi di profughi  dall’Africa e da altre zone del mondo in guerra, la figura del Mediatore entra a far parte dei Centri di Accoglienza Temporanea per adulti  e per minori.

I primi corsi per “mediatori”

E’ intorno agli anni 1990-1995 che iniziano i primi grandi corsi di formazione per Mediatori Interculturali. Generalmente finanziati dalle Regioni o dal Ministero del Lavoro, alcuni altri dal Fondo Sociale Europeo (Cies  e Fondazione Andolfi a Roma, Cospe a Firenze). (vedere la nota “1”, elenco delle sigle)

I primi partecipanti ai corsi erano solo italiani, poi si è resa chiara la necessità di includere gli immigrati perché la mediazione non era un interpretazione linguistica, ma culturale. I vari percorsi formativi poi, hanno maturato la necessità di suddividere la formazione in un primo livello (base) e poi in un secondo livello (specialistico- settoriale) e di contemplare anche modalità di aggiornamenti per poter definire anche un codice deontologico: terzietà (2), imparzialità e precisione.

Ma il primo manuale/linee guida per un corso di base per i mediatori culturali esce soltanto nel 2015 per FrancoAngeli editore (3) (di questo manuale parleremo un altra volta).

Un quadro normativo che tarda a definirsi

La definizione, a cominciare dal nome, il ruolo e l’utilità del mediatore Interculturale sono solo abbozzati nei testi di legge:

– N° 40 del 6 marzo 1998 e decreto legislativo nr 286 del 25 luglio 1998 ” Testo unico delle disposizioni e concernenti la disciplina dell’ immigrazione”;

– Dpr nr 394 del 31 agosto 1999 ( norme sulla condizione dello straniero),

– per il sistema sanitario: la legge nr 7 del 2006,art.7;

– nell’ ambito dell’istruzione, circolari ministeriali nr 205 del 26 luglio 1990 “La scuola dell’oblio e glialunni stranieri. L’educazione interculturale” e quella del 1 marzo del 2006.

La Conferenza di Padova nel 2002 promossa dal Ministero del Lavoro, costruisce la prima ricognizione sistematica delle caratteristiche possibili del mediatore interculturale e la prima mappatura degli enti pubblici e privati che se ne occupano, raccolti nella ricerca del Cisp del 2003, e il tavolo del Cnel (2000), in cui partecipano tutti gli attori coinvolti in questo tema.
Il documento finale elaborato dal tavolo del Cnel ha proposto degli standard sia per il percorso formativo che per l’attività lavorativa del mediatore, sulle quali anche le regioni e gli enti locali hanno basato le loro iniziative per “normare” il profilo professionale.

Per quanto riguarda le Regioni, solo alcune definiscono con una apposita delibera la figura con riferimento a ruolo, formazione, professionalità, competenze, modalità e ambiti di intervento.

La prima a normare la figura professionale del Mediatore Interculturale è stata la Toscana nel 1997. Seguita dal 2000 al 2006 da Abruzzo, Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria,Piemonte, Alto Adige e Valle d’Aosta.

La definizione della figura del mediatore nelle varie delibere regionali varia da una all’altra. Viene definito come “operatore interculturale”, “tecnico”, “immigrato con esperienza di migrazione che conosce i codici linguistici e culturali della popolazione migrante di riferimento”, “accompagnatore di relazioni”, “ponte di collegamento tra culture diverse”.

Alcuni non specificano né ruolo né competenze, anche se offrono più ambiti di intervento.

Invece, la Regione Marche, con la legge regionale del 2 marzo 1998, é una delle prime regioni a dedicare un articolo (articolo 18) al Mediatore Interculturale, specificando che “i comuni e le comunità montane per la realizzazione di quanto previsto dalla presente legge possono avvalersi di immigrati esperti e qualificati”.

In alcune regioni o province sono stabiliti anche dei registri con un elenchi di mediatori culturali che però, non costituiscono un vero albo professionale. Questo strumento serve per accreditare e distinguere il millantatore dal mediatore, sia per facilitare il loro reperimento in caso di necessità. (4)

Cos’è un Mediatore Interculturale?…

Ma chi è il /la mediatore/trice interculturale? quali sono i requisiti che deve avere per essere considerato tale? quali sono le sue competenze? le funzioni, il ruolo e l’area d’impiego?

Il Mediatore interculturale è un immigrato di 18 anni e più, che vive da almeno due anni in Italia, ha almeno un diploma di scuola superiore, e possiede ottime competenze linguistiche sia in lingua madre che in italiano, inoltre il mediatore è in grado di comprendere e interpretare i codici culturali.

Il Mediatore inculturalee si definisce come un operatore competente che funge da cerniera tra gli immigrati e il contesto territoriale e sociale in cui vivono e lavorano.

Interviene nelle seguenti attività: Intermediazione linguistica, accompagnamento nei percorsi individuali, facilitazione degli scambi tra cittadini immigrati e operatori, servizi e istituzioni. Analizza i bisogni e le risorse di un singolo utente o di un gruppo, orienta e progetta iniziative e strumenti che aiutano l’integrazione.

Le funzioni della mediazione sono multiple: traduzione, comunicazione interpersonale tenendo conto delle differenze culturali, etniche, religiose, di genere e di vissuto; saper ascoltare ed essere empatici; riconoscere e valorizzare le differenze.

E che cosa fa?

Gli ambiti di intervento del mediatore sono: Il sistema educativo e formativo, salute, giustizia, pubblica amministrazione, sicurezza e accoglienza di primo livello; e, alla fine, anche nel settore privato di no-profit (Protezione Civile, Croce Rossa, Ong, associazionismo laico e religios).

I servizi di mediazione interculturale si differenziano in base alle aree di specializzazione, alle situazioni e alle necessità, ordinarie o dettate dall’emergenza in cui vengono impiegati.
Le modalità di assunzione e di inquadramento contrattuale dei mediatori sono in parte determinate dalle caratteristiche del servizio e del settore di riferimento e in parte dagli orientamenti dell’ente datore di lavoro. SLe forme di rapporto lavorativo possono variare dall’impiego occasionale detto “a chiamata”, alla consulenza per il settore pubblico, alla libera professione con partita Iva,  all’assunzione in enti no profit a tempo determinato o indeterminato ( in pochissimi casi).

Le tarife corrispondono a lavoro svolto su base oraria, giornaliera o mensile. La situazione di precariato é purtroppo ricorrente e diffusa dovuta alla scarsa durata dei progetti, e quindi non consente alla professione di intavolare contrattazioni di carattere collettivo..
La tariffa oraria varia da €. 5  fino a €. 60 l’ora. La scuola e il carcere sono i settori in cui l’ora della mediazione viene pagata meglio.
La corsa al ribasso delle tariffe orarie viene incoraggiata dalle stazioni appaltanti mettendo in competività sia gli enti che offrono servizi di mediazione sia singoli mediatori liberi professionisti.

 

Fonte principale:   Il Mediatore culturale in sei Paesi europei (report di ricerca)  a cura di Simone Casadei e Massimiliano Franceschetti . Strumenti ISFOL, 2009.

Note:

(1) elenco delle sigle usate:

Cies – Ong italiana: Centro Informazione e Educazione allo Sviluppo (Roma)
ANDOLFI – Fondazione “Silvano Andolfi” – spazio di studio e di ricerca sulla famiglia e i bambini. Si occupa prevalentemente di situazioni di marginalità, dell’immigrazione e della multiculturalità. (Roma)
Cospe – Ong italiana: Centro organizzativo per lo Sviluppo Equo Sostenibile (Firenze)
Cisp – Ong italiana: Comitato Internazionale per lo Sviluppo dei popoli
Cnel- Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro
ISFOL- Istituto per lo Sviluppo della Formazione professionale dei lavoratori

(2) terzietà s. f. termine proveniente dal linguaggio giuridico. È il fatto di essere terzo in un rapporto giuridico, cioè estraneo o privo di interessi in comune con una delle due o più parti in causa: nel processo penale il giudice si trova in condizione di terzietà rispetto all’accusa e alla difesa. (fonte Treccani online)

(3) Michele Grisoni , Manuela Colombero (a cura di). Linee guida e buone prassi per il Corso di base per mediatore interculturale. Collana Politiche e servizi sociali. FrancoAngeli Edizioni. 2015 ()

(4) il ruolo del MC nelle regioni verrà affrontato in un altro momento, su questo sito.

Per approfondimenti,  Vedere la pagina dedicata alla Mediazione del Ministero del Lavoro e della solidarietà sociale

Dossier: Mediazione Interculturale e politiche di integrazione in Europa

  1. Mediazione Interculturale e politiche di Integrazione in Italia,
  2. Mediazione Interculturale e politiche di Integrazione in Francia,
  3. Mediazione Interculturale e politiche di Integrazione in Germania
  4. Mediazione Interculturale e politiche di Integrazione in Grecia
  5. Mediazione Interculturale e politiche di Integrazione nel Regno Unito
  6. Mediazione Interculturale e politiche di Integrazione in Spagna

 




  • Share: