Nasce il sindacato dei mediatori interculturali

Stranieri in Italia – Un’iniziativa del Sei Ugl e dell’Ale per ottenere il riconoscimento e la regolamentazione di una professionalità sempre più necessaria.
Roma – 29 aprile 2008 – L’Ugl (Unione generale del lavoro) lancia il sindacato dei mediatori interculturali. Un soggetto rappresentativo di figure professionalmente non riconosciute, ma che hanno un ruolo importante nel processo di inclusione e integrazione degli immigrati in Italia. È basandosi su questo presupposto che l’Ugl e l’Ale (Associazione lavoratori emergenti) hanno pensato di creare un luogo in cui i mediatori possano essere tutelati e che possa farsi promotore delle loro rivendicazioni, “affinché il governo intervenga con una legge per riconoscere a tutti gli effetti questa professione”.

“La domanda di queste professionalità – spiega il presidente dell’Ugl Luciano Lagamba – aumenta con il crescere del numero di immigrati nel nostro Paese. Trattasi dunque di una sfida che investe la nostra stessa struttura sociale coinvolgendo una vasta platea di persone che devono conoscere e rispettare gli usi, i costumi e le diverse tradizioni delle etnie che vivono qui”.

“Basti pensare – aggiunge Lagamba – che in Italia i musulmani sono un milione, i minori aumentano, almeno mezzo milione di cittadini africani risiede in modo stabile. I mediatori interculturali invece sono poco meno di 2.500, in sostanza un operatore ogni 1.250 cittadini stranieri. Non dobbiamo dimenticare che di fatto non esiste un percorso formativo codificato per cui l’acquisizione delle competenze è lasciata spesso all’iniziativa di privati”.

Di qui la necessità di creare un sindacato per i mediatori. “Si tratta a tutti gli effetti di un lavoro emergente – aggiunge Giancarlo Bergamo, presidente dell’Ale – privo però di punti di riferimento sia normativi che contrattuali. Il sindacato punta proprio a sensibilizzare le forze politiche, il parlamento e il governo, a decretare un riconoscimento professionale di questa attività e definire regole e criteri validi su tutto il territorio nazionale superando l’attuale difformità che si registra tra regione e regione”.

Secondo i sindacalisti sono necessari standard formativi univoci su tutto il territorio attraverso il coinvolgimento del ministero del lavoro, delle regioni, delle autonomie locali, delle parti sociali e delle istituzioni interessate, dalle scuole alle aziende sanitarie, agli istituti penitenziari. Il sindacato dei mediatori culturali punta ad arrivare alla firma di un protocollo di intesa per dare una reale copertura a questa figura professionale. “Sarà necessario – dicono – la previsione di un inquadramento del mediatore culturale nei contratti collettivi di lavoro. Accezione pressoché assente nei ccnl esistenti se non con qualche rara eccezione”.

Intanto, proprio in questi giorni, il profilo professionale del mediatore interculturale è stato riconosciuto dalla Regione Lazio in virtù di una delibera approvata dalla Giunta, su proposta dell’Assessore all’Istruzione, Silvia Costa, di concerto con l’Assessore alle Politiche sociali, Anna Salome Coppotelli.

“Il riconoscimento del profilo professionale e formativo del Mediatore interculturale – ha osservato anche l’Assessore Costa – è di fondamentale importanza. Questa figura-cardine dell’integrazione e dell’acquisizione della cittadinanza deve fare i conti con il mancato riconoscimento delle competenze e con la diversificazione delle proposte formative”.

Da un’analisi condotta in seguito all’istituzione del Registro pubblico dei Mediatori interculturali da parte del Comune di Roma, è emerso che un quinto dei richiedenti l’iscrizione non possiede la certificazione formale che attesti la partecipazione a un apposito corso regionale ed è stato possibile effettuare solo una iscrizione provvisoria. Altrettanti richiedenti non possiedono alcun titolo che permetta loro di essere inseriti, anche solo provvisoriamente, nel Registro comunale.

“Con questa delibera – ha proseguito Silvia Costa – diamo quindi una risposta ai tanti nuovi cittadini che svolgono questa importante attività, il primo passo verso il raggiungimento di una qualifica spendibile e certificata. La delibera prevede, tra l’altro, l’istituzione di una apposita Commissione, che avrà il compito di individuare i criteri per il riconoscimento dei crediti per l’accesso ai percorsi formativi che saranno messi a punto sulla base di questo provvedimento. A breve saranno definiti gli standard formativi relativi all’articolazione, alle metodologie, alla durata sia del percorso di qualifica, sia di quello di specializzazione, coerenti con il nuovo profilo professionale”.




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