Simona Ciobanu, Ravenna. Tra mediazione e impegno per una convivenza civile

20
Dic

Sogno che sia superato il problema della mancanza di dialogo, di confronto e di scambio tra persone

Simona Ciobanu è originaria della Romania, in Italia dalla fine degli anni 90′, vive e lavora nella città di Ravenna. Insegnante, educatrice e mediatrice Interculturale di lunga esperienza gestisce lo “sportello di mediazione” del Comune di Ravenna ed è Presidente della Cooperativa sociale “Terra Mia”.

“Terra mia” è una Cooperativa sociale, costituita a Ravenna nel febbraio 2017 e attiva nella promozione della mediazione interculturale e dell’educazione interculturale. La mediazione e l’educazione interculturali, non sono temi nuovi per la cooperativa giacché la stessa è stata fondata dai soci dell’Associazione “Terra Mia”.

L’associazione  da cui nasce la Cooperativa con lo stesso nome opera da quasi 15 anni nell’ambito della mediazione interculturale in un rapporto istituzionale con la Casa delle Culture del Comune di Ravenna. Si parla, infatti, di un “modello ravennate” della mediazione scolastica che è stato pian piano costruito, arricchito, modificato e adattato.

L’associazione inizia a occuparsi di mediazione nel 2003, quando cambia lo statuto e intraprende un nuovo percorso. C’era la necessità di cambiare la visione del mediatore e aiutare la popolazione straniera tramite un servizio serio, da allora inizia ad occuparsi professionalmente della mediazione culturale.

In questo momento la Cooperativa ha 15 mediatori, di cui 2 italiani e 13 stranieri. Tra i suoi obiettivi: Professionalizzare la figura del mediatore e aiutare l’inserimento vero e proprio di tutti i cittadini; promuovere l’intercultura e non la semplice multi – cultura; dare dignità a tutti quelli che sono residenti nella città e che sono cittadini non soltanto di nome; aiutare al mantenimento delle lingue madri e contribuire all’insegnamento della lingua italiana come lingua seconda; offrire servizi di traduzioni professionali. Principalmente, “Terra Mia” si occupa di mediazione scolastica e sociale, con insegnanti madrelingua, ma occasionalmente fa anche interventi di mediazione sanitaria.

«Finché si parlerà di cittadini stranieri e di cittadini italiani -dice Simona – sarà sempre un ‘noi’ e ‘voi’, quando si parlerà di cittadini ravennati sarà tutta un’altra cosa.»

Delle politiche pubbliche della sua città sull’immigrazione e l’inclusione sociale, Simona dice:

«I risultano utili soltanto quando c’è una vera progettazione e se non si fanno tanti progetti che non hanno niente a che fare uno con l’altro. Si devono promuovere degli obiettivi comuni, cioè le istituzioni dovrebbero essere a conoscenza di tutti i progetti che si svolgono nel territorio per non sprecare energia e denaro ripetendo le stesse iniziative pur volendo promuovere qualcosa di cui c’è veramente bisogno.»

«Non sarà vera integrazione e vera cooperazione finché gli italiani esprimeranno i bisogni degli stranieri, mentre gli stranieri non potranno mai dire nulla. La collaborazione deve essere intesa ad ascoltare anche la parte dei nuovi arrivati che hanno diritti, opinioni e modi di vedere propri. Così si risponderebbe davvero ai bisogni dei nuovi cittadini. Non si deve operare per farsi vedere ma si deve operare per una vera integrazione, e questa non esiste finché i nuovi cittadini non sono visti e trattati alla pari con gli altri e che non si fa una politica per promuovere i diritti civili di tutti quanti al di là delle loro nazionalità.»

Per il futuro della professione dei Mediatori Interculturali, Simona Ciobanu spera:

«innanzitutto che cresca sempre di più la consapevolezza che viviamo in una società differente dalla società del secolo appena terminato, cioè siamo in una società del dialogo dove lo scambio fra persone ha un valore inestimabile, e che questa ricchezza di culture deve diventare il patrimonio di tutti.»

«Prendiamo ad esempio la Cina: poco prima che venisse costruita la muraglia cinese questo enorme impero era uno dei più potenti. Appena i cinesi hanno costruito quel muro per proteggersi e ‘mantenere integra’ la loro cultura, la Cina ha iniziato il suo declino, proprio perché era venuto meno lo scambio.»

Da educatrice e insegnate, Simona ha anche una sua visione del mondo della scuola:

«Sogno che l’Italia ripeta le scelte coraggiose fatte nel passato, e quando parlo delle scelte fatte nel passato parlo dell’inserimento di nuove figure professionali (mi riferisco agli insegnanti di sostegno formati proprio per inserire al meglio i bambini portatori di handicap nelle scuole e classi “normali”). Vorrei una scuola che facesse la scelta di inserire le figure professionali di cui si sente un grande bisogno in questo momento: i mediatori interculturali e i facilitatori linguistici, una scuola che include e non esclude, una scuola che cambia in base alle nuove esigenze, una scuola coraggiosa che cambia i propri programmi e i contenuti delle materie in base ai cambiamenti della società, una scuola in cui l’aggiornamento deve essere la “parola d’ordine”.»

«Infine sogno che le emozioni occupino un ruolo importantissimo nelle nostre vite, che si dia valore a ciò che veramente conta per tutti noi, esseri umani: la vita e il dono del pensare e parlare. Sogno altresì che sia superato uno dei più grossi problemi della scuola italiana, e non solo della scuola, ma della società in generale, cioè la mancanza di dialogo, di confronto, di scambio tra persone; che non si facesse più “intercultura” come spot pubblicitario ma che diventasse un modo di pensare e di fare, non perdendo mai di vista che non sono le società ma le persone che s’incontrano o si scontrano.»




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