Un commento di Ian Ssali dei “G2” sul dibattito sull’immigrazione

18
Feb

In questi giorni di riposo estivo,  “mediatoreinterculturale.it” offre al lettore alcuni spunti di riflessione. Un pezzo molto critico sul dibattito attuale sull’immigrazione in genere e su quella proveniente dall’Africa in particolare.  

Tutto ciò che non va con la vostra stupida e ipocrita “immigrazione”, qualsiasi cosa intendiate con questo termine

Il pezzo è tratto (con il suo permesso) dal Blog di Ian Ssali (*).

La pseudo-questione “immigrazione” se così vogliamo chiamarla si muove su due spiegazioni del mondo di oggi: una limitata e un’altra ampia.

Oggi in Italia è diventato luogo comune pensare di essere invasi dagli “immigrati”. E cosa ci viene subito in mente? Africani, barcone e trentacinque euro. Ma ad alcuni verranno in mente risorse indispensabili, diritti dei braccianti, mediatori e corsi di lingua. Ma sempre gli africani. Sono sempre loro. Quello che sorprende è che vengono vestiti del manto della “stranieritudine”, gli stranieri per eccellenza, il corpo nero da integrare, però questi signori africani (e mi riferisco ora a quelli regolari sub-sahariani) sono coloro che rappresentano nel totale delle popolazioni straniere in Italia un’assoluta minoranza e una forza economica non molto rilevante. E potete tranquillamente andarvi a leggere il Dossier Immigrazione della Caritas e i dati ISTAT. Troverete tra le comunità africane più rappresentative quelle del Senegal, Ghana, Nigeria, Tunisia ed Egitto; ciò nonostante si continua a mantenere e propagandare una rappresentazione scorretta e direi assolutamente ingiusta e in malafede sugli “africani”, almeno la semplificazione giornalistica, sociale e politica.

Qualcuno mi può spiegare perché non mettiamo Cina, Filippine, Sri Lanka, Bangladesh, India sotto la grande categoria degli “asiatici”? Non lo facciamo, ed è giusto che sia così. Sono popolazioni diverse e ne riconosciamo la differenza, le peculiarità; invece gli africani (cioè i popoli del continente) li mettiamo tutti insieme, quasi avessero qualcosa in comune e non ne hanno a parte lo stare sullo stesso continente; ma è così rilevante? No. Il Ghana e l’Egitto non sono la stessa cosa. Senegal e Tunisi non sono la stessa cosa. E non sono questi paesi a rappresentare un immenso e vario continente di 54 stati. Semplicemente non c’è alcun paese africano che possa rappresentare l’originalità e l’intriseca unicità delle nazioni e delle popolazioni sul continente. Non c’è. Non esiste e non può esistere. Come nemmeno si può pensare che l’Italia e la Svezia siano uguali e che la Francia rappresenti tutta l’Europa. In Europa magari l’azzardo sarebbe appropriato visto la storia politica degli ultimi duemila anni ma i popoli d’Africa non hanno mai avuto nulla di simile: continente troppo grande. Nella storia politica umana non è mai esistita un’entità politica che copra un territorio così esteso. Concepire queste proporzioni è forse difficile ai più perché siamo abituati a pensare al continente africano come fosse una succursale dell’Europa (più il Nord Africa, ovviamente, ignorando tutto resto), anche nelle dimensioni, ma è tanto tanto più grande e questo ha delle implicazioni notevoli.

Questa osservazione ci porta a fare un’altra grande scoperta.

La quasi totalità degli africani, ossia dei cittadini dei 54 stati africani raggiunge l’Italia e l’Europa in aereo. Lo so, fa uno strano effetto, ma prendete un bel respiro, e leggete ancora: “la quasi totalità degli africani, ossia dei cittadini dei 54 stati africani, raggiunge l’Italia e l’Europa in aereo.”

Quindi regolarmente.

Paradossalmente questa ovvietà è diventata assurda anche solo pensarla quando è vero e più assurdo pensare il contrario, ma lo capisco, si fa sempre leva sull’immigrazione clandestina spacciandola come fenomeno epocale quando in realtà è crimine organizzato transnazionale che va contrastato con tutte le forze perché mette a repentaglio la vita di donne, uomini e bambini che rischiano tutto nella speranza di poter migliorare le loro condizioni e che viene alimentato dalla loro ignoranza e per alcuni (e ce ne sono) una certa intraprendenza.

Parole che possono apparire dure ma sono vere. Vediamo perché.

Partiamo dal presupposto che entrare in Europa non è facile per nessuno e la libertà di movimento nei paesi membri è un diritto dei soli cittadini europei che peraltro non è illimitato. Se sei un turista e ottieni il visto da un paese membro che fa parte dell’area Schengen allora potrai circolare nei paesi dell’area nei tempi stabiliti nel visto. Per un americano, un cinese, un brasiliano entrare in Europa non è facile. C’è bisogno del visto, avere un biglietto di andata e uno di ritorno, dimostrare di avere un reddito, fare un colloquio e avere tante altre cose.

Ora prendiamo la Nigeria. La Nigeria è uno stato federale di 190 milioni di persone (distribuiti in 36 stati al suo interno). E’ un paese con una produttiva industria cinematografica (Nollywood), la seconda al mondo dopo Bollywood, il maggior numero di ricconi in Africa (sì, tutta l’Africa), una corruzione rampante e una ricchezza di pochi che contrasta la povertà di tanti. Se foste un nigeriano medio avreste a che fare con una burocrazia che nella maggioranza dei casi ruota contro di voi (l’Italia è 57 nella graduatoria di Transparency International sulla corruzione percepita, 56, Namibia, 52, Rwanda, 51, Capo Verde, 37, Botswana) da corrompere col denaro per mandare a buon fine ogni operazione e che renderebbe difficile per voi e la vostra famiglia soddisfare i requisiti di qualsiasi visto. Andare all’estero non è da ricchi ma di certo non è normalità per la massa di gente povera visti i numeri della popolazione. Non hai nemmeno la speranza nel breve periodo di migliorare la tua situazione salariale e anche se tu ci riuscissi hai il dilemma del passaporto nigeriano che ha le peggiori restrizioni al mondo per via della malavita organizzata e delle associazioni criminali. Sei sottoposto a più controlli e tutti i possessori di tale passaporto se ne lamentano. Quindi, perché aspettare quando poi tuo cugino ti chiama dal Regno Unito o dall’Italia dicendoti che tutto va bene? Che c’è un’altra via possibile pagando delle persone? Questo è quello che succede.

Umanitario e militare si mescolano in Africa.
CC: U.S. Navy photo by Petty Officer 2nd Class Nathan Laird

Da questi paesi (Nigeria, Ghana, Senegal, Costa d’Avorio, Niger, Eritrea, Etiopia per citarne alcuni) c’è un servizio criminale di trasporto con zero garanzia di sopravvivenza. Dimenticatevi i diritti del consumatore. Qui c’è gente che si guadagna da vivere facendo da corriera e non essendo qualcosa di legale, e quindi regolamentata, attori con possibili brutte intenzioni possono entrarvi a piacimento. E ci entrano. Non li chiamo trafficanti per il semplice fatto che questa gente ha pagato per essere portata ad una destinazione. Certamente ci saranno persone costrette ma è egualmente vero che c’è un consistente numero di persone che paga e si affida a questi sciacalli. Solo per queste ragioni non dovremmo incoraggiare il sanguinoso profitto di chi fa questa staffetta e nemmeno lanciare segnali che per entrare in Europa questo sia il modo ma nemmeno pensare che gli stati africani interessati non stiano facendo nulla. Questa è un’altra menzogna.

 

La Nigeria e l’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni collaborano per far rimpatriare tutti coloro che vogliono ritornare in patria e che si trovano in stato di clandestinità in altri paesi. Iniziative simili ci sono in Senegal dove peraltro è ampiamente scoraggiato via radio e televisione di intraprendere questi viaggi della speranza come anche in Ghana. Paesi che ci tengo a sottolineare non sono in guerra.

Qualcuno mi potrebbe tacciare di crudeltà ma ammesso che la maggior parte degli africani viene regolarmente e una piccola parte irregolarmente e considerato che una ancora più piccola parte soddisfa i requisiti di richiedente asilo, perché dovremmo “accogliere” i restanti?

E perché l’Europa dovrebbe fare qualcosa e non si parla mai di quello che quei stati africani dovrebbero fare o già fanno per quelli che sono loro cittadini?

In Italia si pensa ancora, ed è una convinzione ben radicata, che ovunque nel vasto continente africano, si stia male, si viva male e che sia naturale, giusto e sacrosanto scappare via da un posto così nero, infernale.

Un’idea promossa in maniera continua, capillare e scientifica da miriadi di Organizzazioni Non-Governative di cui non sono un grande estimatore nella misura in cui distorcono il vero e si ergono a sola verità (in questo caso occultandola e distorcendola) e l’idea nello stivale è che gli africani, tutti, siano un branco di idioti totalmente incapaci di provvedere a loro stessi.

L’idea che si ha è che tutta l’Africa, ciascuno dei 54 stati africani, non solo sia povero e che si campi male ma che non ci sia nessuna speranza, nessuna redenzione. Nessuna possibilità di miglioramento. Da qui la naturale conclusione, ossia che tutti gli africani scappino da questo letamaio, che tutti gli africani vogliano venire in Europa, vivere all’occidentale (qualsiasi cosa essa significhi) e tanto altro. Gli africani sono curiosi ma amano dove stanno, la stragrande maggioranza. E allora perché scappano in Italia? Non è vero anche questo. Alcuni vanno nei paesi africani vicini, alcuni in Arabia Saudita, altri ancora in Cina (paese che ha il più alto numero di studenti africani nelle loro università, più di Regno Unito e Stati Uniti, chiedetevi perché) ma buona parte sta in Africa. Non c’è nessun favore od obbligo morale ad “accoglierli” e la stessa parola accoglienza con questo retropensiero è molto razzista anche perché mira a sostituirsi ai loro governi perché si pensa che siano incapaci di aver cura di loro stessi e che quindi il “gravoso compito” spetti a noi. Una parte politica italiana si è alienata una parte dell’elettorato proprio su questo punto, ossia mostrandosi più misericordiosa, più solidale e in genere più disposta ad un certo numero di persone venute illegalmente rispetto al crescente numero di cittadini italiani e stranieri regolari sempre più povero verso cui non veniva rivolto la stessa apertura e comprensione, e alcuni versano in condizioni anche peggiori di chi viene qui illegalmente, ma a differenza di questi ultimi, i primi hanno diritto di votare.

E qui arriviamo all’altra grande questione: l’aver reso il corpo degli africani oggetto di contesa politica su cui si sta compiendo un accanimento e uno stupro culturale e morale senza precedenti. Parliamo di disperati e allucinati da false speranze. Per la maggior parte uomini, analfabeti, che parlano un inglese o un francese sgrammaticato, con scarsa istruzione e con aspettative che superano la realtà. Queste persone si aspettano genuinamente una sorta di El Dorado ma come è possibile “integrarle”? Cosa poi significa la parola integrazione non si sa. I circuiti di un computer si possono integrare non gli esseri umani specialmente quelli per bene, quelli stanno bene ovunque nel mondo. Come e soprattutto perché dovremmo integrare persone che non sono rifugiati politici? E perché gli africani sì e non i cinesi, ad esempio. Cinesi e bengalesi clandestini ci sono, esistono, ma non c’è lo stesso trattamento e questa sorta di equità e imparzialità perché non viene rispettata a livello mediatico, politico e amministrativo? Semplice, l’africano non viene considerato come un pari. E questo perché purtroppo chi è in posizione di comando in Italia non ha un’alta considerazione degli africani e si vede nel linguaggio. Si parla sempre come se “il mondo civilizzato” debba in qualche modo agire per risollevare le sorti del continente, un piano Marshall, una soluzione ‘europea’ (già, ma cosa significhi in concreto nessuno lo sa), “aiutiamoli a casa loro”. Chi parla di accoglienza pensa che tutta l’Africa faccia letteralmente cagare e che sia giusto, che sia un diritto inalienabile scappare da lì ma voi descrivereste l’Italia partendo da Scampia (Napoli) e Tor Bella Monaca (Roma)? E poi per buona parte di chi intraprende questo viaggio è di gran lunga meglio rimanere nei paesi d’origine piuttosto che mettere a repentaglio la propria vita in un viaggio altamente rischioso per poi finire in paesi dove non sarai mai totalmente padrone della tua vita, paesi dove sarai condannato a vivere di elemosina per il resto dei tuoi giorni, sfruttato da disoccupati, giornalisti, avvocati, preti, politici, organizzazioni non governative, imprenditori agricoli senza scrupoli, la malavita organizzata, gente comune sull’orlo di una crisi di nervi che vedranno in te la fonte di tutti i loro mali, i tuoi connazionali in Italia da più tempo che cercheranno di prevaricare su di te perché chi non ha nulla lotta contro chi non ha nulla .. davvero, non capisco come si possa in tutta onestà dire che le vite di queste persone siano migliori, come non capisco si possa ignorare la disillusione, la depressione, l’abbrutimento e la desolazione di cui fanno esperienza, io proprio non lo so.

Ancora più inspiegabile giustificare un tale massacro dicendo che gli “immigrati” servono perché la demografia del paese sta calando. Ora, bisogna incoraggiare le persone a venire e vivere in Italia, sperando poi facciano figli, ma persone da ogni parte del mondo, anche africani. Giustificare l’immigrazione clandestina con la speranza che poi chi sbarca si accoppi con qualche donna italiana e così aumentare la popolazione mi pare molto cinico e in un certo senso molto disumano per non dire poco edificante per chi lo propone. Il Presidente dell’INPS, ma non solo lui, deve dire che gli stranieri regolari con le tasse che pagano sostengono e contribuiscono alla società non chi arriva illegalmente. Queste persone non sono registrate, non hanno regolare contratto (ed è difficile far acquisire loro quelle capacità necessarie per essere appetibili nel mercato del lavoro) e di conseguenza non versano tributi. Non è onesto intellettualmente mischiare le carte parlando di immigrati in generale come se chi risiede regolarmente può essere messo al pari di chi viene illegalmente: sono questioni diverse e distinte perché parliamo della vita, del lavoro e del merito delle persone. E poi permettetimi di essere il più franco possibile. Viene detto spesso che ci serve “l’immigrazione” perché ci sono lavori che gli italiani non vogliono più fare. Questa affermazione è la più razzista che vi capiterà mai di sentire perché suggerisce che ci sono lavori per cui gli italiani non solo non vogliono fare ma che non dovrebbero nemmeno fare e che lo Stato non dovrebbe neanche incoraggiarli a fare. Inqualificabile.

Soprattutto non capisco quelle persone che hanno origini dal continente che continuano ad alimentare tutta una serie di menzogne, illogicità e stereotipi sul continente. Parlano di Rinascimento africano e poi di mondo senza frontiere, come se nascere in qualsiasi stato africano, essere “nero” ti dia diritto ad un passaporto universale, una libertà di circolazione illimitata perché sei un senza patria, senza cultura, senza storia, senza radici, insomma un cittadino del mondo. Peccato che il mondo sia troppo grande. L’ironia della sorte è che gli stati africani sono su questo versante molto più ligi alle loro leggi sull’immigrazione dell’Italia. Nel 2004 l’Angola ha espulso quattrocento mila congolesi clandestini; il Re degli Zulu in Sud Africa nel 2015 ha dichiarato che “tutti gli stranieri devono fare le valigie e lasciare il paese” scatenando la folla contro i rifugiati che ha causato la morte di due congolesi e la Nigeria nel 1983 ha espulso due millioni di ghanesi che risiedevano illegalmente nel paese con minacce di ritorsione per tutti coloro che non rispettavano l’ordine. Non sono esempi da seguire e bisogna criticare questi paesi se la loro intransigenza è sfociata in disumanità eppure si critica l’Italia e l’Europa che salva e ha salvato gente in mare, insomma due pesi e due misure. Non approfondisco la parentesi libica, un paese squassato dal delirio francese, l’interventismo americano e il silenzio italiano.

La prospettiva di queste persone, e molti sono anche miei amici, è di vedere gli africani e l’Africa come vittime. Un atteggiamento schizofrenico e alienante che baratta la propria storia personale ad una affiliazione ideologica insensata, ma essere africani, avere origini dal continente non è un voto di scambio. E non ti rende speciale né tantomeno una persona che soffre più degli altri. E l’Africa, tutto il continente, non è migrante e non si può dare l’idea di un Rinascimento africano e allo stesso tempo promuovere il culto “dei dannati della terra”. Il migrante non è africano e far passare l’idea che l’Africa si esaurisca in gente senza né arte né parte è un insulto alla dignità di quelle stesse persone che dicono di difendere perché meritano di essere trattati come pari e che la povertà è una condizione, non “essere africano”.

I nostri genitori non sono venuti illegalmente in Italia, e non ci sarebbe nulla di male ma è giusto dirlo perché poi arriviamo ad oggi dove molti italiani genuinamente pensano (e mi riferisco a quelli benpensanti) che loro siano arrivati su un gommone. E credo che questo sminuisca gli sforzi di persone come i miei genitori e tanti altri la cui prima preoccupazione è sempre stata seguire la legge, apprezzare la cultura italiana, apprenderne usi, costumi ma pur sempre distinguendosi perché loro una patria ce l’hanno e anche la dignità. E sono tantissimi così. E sono soprattutto loro ad essere preoccupati per il clima e l’irrazionalismo degli ultimi mesi. Quale genitore non sarebbe preoccupato di sapere che la società in cui ha scelto di vivere considera la propria figlia o figlio “un ospite”, “un immigrato”, “uno straniero” cioè stranieri quei stessi figli che i genitori vedono simili ma pur sempre diversi da loro. E c’è da preoccuparsi.

Una distinzione che viene volutamente confusa, un po’ come il razzismo: fenomeno scaduto e inflazionato a causa di chi continua ad ingigantire conflitti più del dovuto e a fare azzardate associazione con l’America, e grazie al buon Dio, l’Italia non è gli Stati Uniti d’America e la sua secolare e sanguinolenta storia costituzionale e sociale razzista. Non sempre qualsiasi attacco ad uno di origini africane è razzismo. Come possiamo capirlo? E gli altri? Europei razzismo non lo sperimentano? Gli indiani? I pakistani? Eppure sembra qualcosa limitato solo agli africani. Gli insulti alla Kyenge? Razzismo, ma a Toni Iwobi, senatore della Lega, va benissimo gridargli “negro da giardino”, “schiavo”, “negretto venduto” e foto e commenti degradanti la sua persona e umanità, come se essere africani non possa significare essere cretini! Le dichiarazioni del senatore (che trovo una mancanza di tatto e rispetto nei confonti dei suoi connazionali che muoiono a centinaia nel Mediterraneo) manifestano delle posizioni legittime ma perché questo degradamento è ridimensionato e ritenuto anche giusto dai professionisti dell’umanità? Lui è cittadino italiano, origini nigeriane ma non ci interessa, la sua pellaccia è più importante per alcuni. Iwobi è africano lo stesso (nonostante gli africani non sono solo scuri di pelle) ma non nelle categorie che piacciono a questi signori, ossia: disperati, infelici, analfabeti, magari sportivi o comunque possibili ospiti a qualche salsicciata multietnica della domenica e il girotondo da asilo nido. Quanta ipocrisia.

L’umanità riguarda tutti. Non solo gli africani e non sono gli africani i soli a soffrire e, soprattutto, non tutti gli africani soffrono. L’Africa che conosco è un serbatoio di colori, vestiti bellissimi, giovani, tantissime start-up, molte donne che dirigono una piccola impresa, leggerezza, speranza, intelligenza perché c’è gente intelligente nel continente, di grande dinamismo, di grandi storie, come in tutte le realtà c’è qualcosa che non va ma non bisogna vederlo come l’inferno. Ci sono altri modi di stare al mondo.

Tutelare la cittadinanza e gli stranieri regolari è un diritto e un dovere di ogni stato di diritto. Chi entra illegalmente è tutelato se è perseguitato ma non si può andare ovunque come ci pare senza conseguenze, e ci sono ragioni ed interessi precisi della collettività che vanno tutelati. Non è sovranismo, non è populismo o altri neologismi frutto della masturbazione semantica degli ultimi anni.

Qual è la soluzione? Partiamo col trattare gli africani come pari ed essere equanimi nel pensiero, nelle azioni e spero poi nelle leggi.

Fonte: Il blog di Ian Ssali su Medium.com

 

(*) Ian Elly Ssali Kiggundu ha 27anni. Nato a Roma da una famiglia di origine ugandese. Sta completando i suoi studi in Giurisprudenza, insegna Inglese presso una scuola privata e studia musica (piano). È rappresentante legale dell’associazione Rete G2 – Seconde Generazioni .




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