Dossier. Mediatori Interculturali: Lavoratori a chiamata. 1. Introduzione

Mediatoreinterculturale,it continua la pubblicazione di riflessioni e contributi di mediatori e mediatrici attive/i sul territorio nazionale e che non si accontentano di svolgere il loro ruolo nei migliori dei modi, ma cercano di riflettere e rendersi protagoniste del dibattito intorno alla professione, le sue condizioni, le sue regole, la sua centralità nei processi di inclusione sociale e le aspirazioni di chi pratica questo mestiere.

In questo dossier, pubblichiamo, in 6 puntate, il lavoro di Simona Ciobanu e Zivkica Nedanovska, due mediatrici interculturali di Ravenna, realizzato nel 2009 e dal titolo: Lavoratori a chiamata: i mediatori culturali.  

Il lavoro sarà pubblicato in 6 puntate:

  1. Introduzione
  2. Il contesto della mediazione culturale in Italia.
  3. Il mediatore culturale straniero: una professione nuova e precaria a rischio di estinzione.
  4. Il mediatore culturale: definizioni formali e discriminazioni sostanziali.
  5. Le difficolta? di una “non professione”: un’agenda frutto dell’esperienza.
  6. Conclusioni. La mediazione: quali prospettive, in positivo? 

1. Introduzione

di Simona Ciobanu e Zivkica Nedanovska

L’arrivo di popolazioni provenienti da altri paesi crea inevitabilmente problemi dal punto di vista politico, economico e sociale. Per affrontare i cambiamenti la societa? d’accoglienza deve cercare soluzioni adeguate.
Anche se la presenza di stranieri in Italia e? ancora relativamente contenuta, molto spesso la “paura dell’altro” genera intolleranza e allarmismi. Tra i motivi che li determinano c’e? una mancanza di informazioni riguardo alle cause, che costringono gli immigrati a fuggire dal proprio paese, nonche?, piu? in generale, una carenza delle istituzioni nel predisporre strumenti che aiutino l’incontro fra immigrati e popolazioni locali. I pregiudizi che scaturiscono dalla mancata conoscenza contribuiscono a provocare tensioni e disorientamento; l’autoctono potra? cioe? sentirsi minacciato da una cultura e da una religione differente e non accettare come risorsa la diversita? dell’immigrato.

Negli ultimi trent’anni l’Italia e? molto cambiata: oggi si trova di fronte persone provenienti da cinque continenti diversi e che parlano 150 lingue diverse. Ci troviamo in un paese multilingue e multiculturale che sta attraversando un processo di trasformazione epocale. Questa trasformazione puo? avere due linee di evoluzione: una linea che va verso una frammentazione localistica “balcanica” con un infinita? di ghetti etnici e razziali e un’altra che va verso il confronto, l’interpenetrazione e che puo? portare, attraverso un processo non breve e sicuramente non privo di conflitti verso una “nuova Europa”.

Il prevalere di una o dell’altra di queste linee dipendera? da numerosi fattori oggettivi e soggettivi. Dal punto di vista di una costruzione sociale della realta? e? una sfida che puo? essere vinta se, in contesti ricchi di interazioni dense e molteplici tra i popoli, si e? capaci di trovare le modalita? piu? adatte per venirsi incontro, essendo disposti a cambiare ed evitando lo scontro che un impatto tra diversita? rischia di determinare.

Confrontarsi con i processi migratori richiede cultura adeguata, organizzazione sociale e una capacita? di intervento lungimirante e non strumentale rivolta al bene di tutti come obiettivo finale. Si assiste invece ad una trama vitale attraverso la solidarieta? tra le popolazioni in loco, laddove lo stato cerca di dimenticare e di fare finta che “nulla accade” come per impedire la trasformazione epocale che e? gia? iniziata.

Il dialogo e l’incontro non sono una cosa scontata, ne? semplice, ma un processo dalle potenzialita? straordinarie. La suddivisione delle popolazioni in nazionalita? e? “un ferro arrugginito” che potremmo magari considerare arcaico, ma nello stesso tempo “un ferro” che puo? far male alle popolazioni immigrate la? dove implica cittadinanze di piu? categorie e meccanismi di esclusione.
In tale contesto e di fronte a queste alternative, la figura del mediatore si propone come un professionista che lavora strutturalmente nella scuola, nella sanita? e piu? in generale nella societa? per favorire lo scambio e facilitare l’incontro.
Il mediatore, soprattutto se straniero, prima ancora di svolgere un lavoro, puo? ricoprire una funzione socialmente utile e, a partire dalla propria esperienza di vita e dalle proprie competenze, favorire la comunicazione tra le diversita?, diventando un “socializzatore delle trasformazioni”, in un processo di mutamento di per se? incapace di autoregolarsi.

Per approfondire, sia pure a grandi linee, questo vasto insieme di tematiche, cercheremo qui di seguito di analizzare il contesto italiano della mediazione culturale nonche? i rischi della estinzione prematura di tale professione, per cogliere i momenti di discriminazione che la penalizzano, ma anche il bagaglio delle esperienze finora accumulate, nella prospettiva di un superamento delle attuali precarieta?.

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