In questo dossier, pubblichiamo, in 6 puntate, il lavoro di Simona Ciobanu e Zivkica Nedanovska, due mediatrici interculturali di Ravenna, realizzato nel 2009 e dal titolo: Lavoratori a chiamata: i mediatori culturali.
- Introduzione
- Il contesto della mediazione culturale in Italia.
- Il mediatore culturale straniero: una professione nuova e precaria a rischio di estinzione.
- Il mediatore culturale: definizioni formali e discriminazioni sostanziali.
- Le difficolta? di una “non professione”: un’agenda frutto dell’esperienza.
- Conclusioni. La mediazione: quali prospettive, in positivo?
2. Il contesto della mediazione culturale in Italia.
di Zivkica Nedanovska
La mediazione culturale si presenta oggi in Italia, prima ancora che come sbocco occupazionale, come una necessita? legata all’aumento esponenziale di vicinanze fisiche tra attori sociali differenti separati spesso da profonde lontananze culturali, che impediscono tra di loro una comunicazione efficace nelle piu? differenti situazioni della vita sociale.
La lontananza tra culture, pero?, nel contesto contemporaneo, non rappresenta solamente la distanza orizzontale che intercorre tra mondi di significati diversi. In essa si concretizza anche una distanza verticale: una gerarchia tra centri del potere e periferie della vita sociale che, in forma piu? o meno manifesta, si proietta anche nelle relazioni tra i protagonisti del rapporto di mediazione, relazioni in cui le figure deboli sono rappresentate dall’utente straniero e dall’operatore straniero.
Su quest’ultimo aspetto della mediazione, sul fatto cioe? che la terra di mezzo (1) in cui il mediatore straniero svolge il proprio lavoro costituisca un luogo di relazioni sociali fortemente squilibrate, la produzione scientifica, in Italia, finora, e? per lo piu? mirata a riflettere su ipotesi che non sempre hanno avuto modo di essere sottoposte a una verifica empirica di vasto raggio.
Il presente contributo parte invece proprio dall’esperienza concreta di due mediatrici straniere (le scriventi), da molti anni impegnate in un’esperienza di mediazione culturale in ambito scolastico.
Il nostro lavoro si propone cioe? di mettere in luce, almeno in parte, le contraddizioni concrete vissute da questa figura di operatore, a partire da considerazioni di ordine generale, tanto sul piano puramente economico che su quello politico-contrattuale.
Sul piano economico emerge trattarsi di professionisti utilizzati per migliorare a basso costo, in una palese carenza di fondi istituzionali, la qualita? di un servizio relativamente “povero” (nel nostro caso specifico la scuola pubblica), riducendo in tale contesto i disagi di un’utenza debole ma complessa come quella migrante.
In altre parole, abbiamo a che fare con una situazione, gia? ampiamente documentata in altri ambiti lavorativi, di lavoratori stranieri impiegati in settori a bassa retribuzione pur essendo dotati di elevata professionalita?. Nel caso del mediatore va pero? aggiunta una caratteristica relativamente anomala: al mediatore, infatti, viene, spesso richiesta una elevata professionalita? e non e? quindi detto che ci si trovi in una situazione di sottoutilizzo delle competenze detenute dall’operatore.
Quella che resta invece drammaticamente debole e? la ricompensa economica, che da sola non permetterebbe la sopravvivenza, anche a causa della precarieta? del rapporto di lavoro.
Sul piano politico, peraltro, la debolezza dell’operatore e dell’utente straniero appesantiscono le conseguenze di una gerarchia gia? implicita nella tipologia del rapporto di lavoro. Infatti, ne? l’operatore ne? l’utente, anch’esso straniero, sono in grado di far valere le proprie esigenze in quanto entrambi scarsamente dotati di peso politico-elettorale.
Una debolezza contrattuale tanto piu? penalizzante in un momento in cui i tagli alla spesa pubblica vanno a colpire in maggior misura le categorie meno provviste di peso politico e sindacale e, piu? in generale, settori come quello della scuola pubblica.
Va a tale proposito sottolineato che, ancora agli inizi degli anni 90, il mediatore straniero comincia ad operare in una fase storica in cui la Stato sociale, per quanto gia? fragile, annovera ancora tra le pieghe del suo bilancio la possibilita? di riservare uno spazio a personale straniero, sia pure a basso costo e precario, capace di fornire una risposta alle esigenze dei nuovi venuti, sia pure con un progetto di accoglienza dai lineamenti non troppo ben definiti (integrazione?, assimilazione?, multiculturalita?? interculturalita??) (2).
Con l’andare del tempo le esperienze si sono accumulate e, sia pure in modo non programmato, e? venuta emergendo la figura di un professionista riconosciuta a pieno titolo in varie proposte di legge regionali e per la quale si poteva finalmente ipotizzare il superamento, sia pure parziale, del muro della marginalita?, se non della precarieta?. Purtroppo, tali ipotesi non hanno finora registrato verifiche concrete di peso adeguato.
Bibliografia.
(1). Bindi L., Terra di mezzo, Punto di fuga, Cagliari, 2007.
(2). Favaro G., Tognetti M., Donne dal mondo. Strategie migratorie al femminile,Guerini Associati., Milano, 1991.