Zoulikha Laradji Signoretto è una storica mediatrice culturale algerina, attualmente responsabile del Forum Provinciale e Immigrazione del PD a Torino. Da trent’anni si batte e per i diritti dei migranti e per il pieno riconoscimento della professione del mediatore interculturale.
Specializzata in mediazione in ambito sanitario, è anche Presidente dell’Associazione di volontariato NOVA FAMILIA. Oltre ad essere relatrice di numerosi convegni sui temi dell’immigrazione e del dialogo interreligioso, è docente in Mediazione Transculturale presso l’area formazione professionale dell’Università Salesiana di Psicologia di Torino.
– Quando ha capito che la mediazione interculturale sarebbe diventata la sua strada?
– Parlando proprio della formazione dei mediatori, come si è evoluto nel tempo questo aspetto?
Diciamo che noi puntiamo molto sulla formazione del mediatore. Proviamo a prendere persone motivate, che hanno già un bagaglio culturale valido. Gente non arrivata ieri, ma radicata nel tessuto sociale, in grado di conoscere il territorio, la migrazione, la politica. Altro punto importante è l’omogeneità della formazione; ci vorrebbe una formazione standard. Ma è necessario anche che il professionista si aggiorni continuamente. Non avendo un albo diventa più difficile questa tappa, anche perché i diversi corsi di aggiornamento non vengono riconosciuti in termini di crediti aggiuntivi.
– Cambiando radicalmente tema, lei è stata da poco eletta responsabile del forum immigrazione regionale PD. Vuole parlarmi di questa esperienza?
È un’esperienza penso positiva, in primo luogo perché sono donna, in secondo perché musulmana e poi perché madre di tre figli italiani con un vissuto di trent’anni in Italia. Quindi spero di non limitare il mio lavoro solo a una figura di rappresentanza politica quando si tratterà di temi di migrazione. Il mio obiettivo è quello di lavorare sul campo, con le reti presenti a livello regionale e nazionale. Io voglio che il mio forum abbia dei momenti di incontro con la cittadinanza attiva sul territorio, e questo vuol dire coinvolgere anche le reti delle associazioni di immigrati, vuol dire coinvolgere i sindacati che si occupano di lavori di immigrati, vuol dire trovare con i politici linee guida su questo tema. Cercherò di dare voce all’emigrato lavorando molto sul territorio.
– Qual è il punto di forza della professione di mediatore interculturale?
Oggi il mediatore non viene visto solo come un componente del triangolo (utente – servizio – mediatore). Questo approccio va sfumando, in favore di una maggiore autonomia del professionista della mediazione. Il mediatore allora comincia ad avere una propria autonomia di gestione; ogni figura professionale ha la sua parte in un unico puzzle. Questo dà al mediatore la possibilità di crescere perché autonomia significa anche riconoscimento della professione.
– Qual è il punto debole della professione di mediatore interculturale?
Bisogna sempre lavorare per migliorarsi. Anche perché i contesti cambiano, la migrazione cambia. Ci sono stati, ci sono e ci saranno dei punti deboli; uno di questi senza dubbio è la formazione non standardizzata della professione. Ma è necessario sempre lavorarci su.
– Quali sono secondo lei le prospettive future per la mediazione?
La migrazione non si può fermare; da quando esiste il mondo esiste la migrazione, anche se i tipi di ciclo migratorio sono diversi. Per quanto riguarda l’Italia il caso è un po’ particolare, nel senso che l’Italia ha bisogno della collaborazione e dell’aiuto dell’Europa. Non intendo solo a livello economico. Ci vorrebbe una diversa strategia politica; l’immigrato arrivato in Italia dovrebbe poter circolare in Europa e dovrebbe poter trovare lavoro dove ce n’è di bisogno. Inoltre i flussi devono essere maggiormente regolarizzati. Ma questo è un compito che spetta più che altro alla politica.