La figura del mediatore interculturale: verso una definizione?

Sono passati tre decenni dalle prime ondate d’immigrazione in Italia e ancora l’attivitą di mediazione interculturale, ormai entrata nel sistema socio-formativo italiano, non gode di uno statuto giuridico, nonostante in alcune regioni esistessero degli elenchi professionali.

Allo stesso tempo, in questi anni i mediatori interculturali che operano in diversi settori come l’educazione, la sanitą, la giustizia o  l’amministrazione si sono confrontanti con tanta diffidenza  che continua ancora a confermare che  la professione rimane  precaria, a carattere di volontariato o a chiamata in caso di emergenza.

L’interesse scientifico e operativo per la figura del mediatore interculturale nel sistema socio-educativo č stato determinato dall’aumento delle popolazioni di origine straniera. L’affronto delle questioni legate alle dinamiche del tessuto sociale, che č diventato multiculturale e plurilingue, si inserisce in una prospettiva emergenziale. Il mediatore interculturale necessita ancora di un inquadramento giuridico e di un codice deontologico comune e condiviso in tutta l’Italia.

Se invece  la figura del mediatore tarda ancora ad essere riconosciuta a tutti gli effetti, č dovuto  probabilmente anche al modo diverso in cui č percepita la professione.

La figura del mediatore viene spesso scambiata o associata alle figure dell’interprete e del traduttore.
Da definizione, il mediatore interculturale č colui che facilita la comunicazione, la comprensione e l’interazione tra individui o gruppi che si differenziano per linguaggio e soprattutto per cultura.
La mediazione interculturale merita di essere valorizzata nella societą italiana tanto per la dignitą dei suoi attori, quanto per la complessitą e la professionalitą di tale attivitą.

David Mark Katan, vicepresidente del Corso di Laurea in Scienze e Tecnica della Mediazione Linguistica di Salerno, ricorda che “il mediatore non solo deve possedere due capacitą in un cervello, ma deve essere pronto anche a variare il proprio orientamento culturale”. (D. Katan. L’importanza della cultura nella traduzione. Utet, Milano, 1997)

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