Recensione a cura di Karim Metref – Letterranza
Salah è un giovane algerino come tanti, vive in una piccola borgata di pianura: Bou Z’nada. Probabilmente un ex borgo coloniale come ce ne sono tanti nel nord dell’Algeria. Uno di quei luoghi senza radici e senza ali. Dove regna il vuoto assoluto. Dove l’unica cosa sicura è la noia, la noia che ti mangia il cervello giorno dopo giorno.
Salah, però, alla noia non si vuole arrendere e sogna di svegliare bou Z’nada e di inocularci un po’ di cultura. Come primo passo apre una cartolibreria e comincia a portare libri e giornali.
Ma i tempi erano ad altro. Bou Z’nada non è un caso raro. L’Algeria tutta è fatta di piccoli e grandi Borghi che hanno marcito nel vuoto culturale. La natura non accettando il vuoto, questo è stato mano a mano colmato dai ciarlatani, da coloro che propongono di riportare il popolo verso un passato glorioso. Peccato che è un passato made in altrove e importato grazie ai petrodollari sauditi e alle manipolazioni della guerra fredda.
Siamo nell’Algeria degli anni novanta e le montagne e i boschi cominciano ad essere popolati da una strana specie di lupi. Lupi spietati e assettati di sangue. Prima con promesse di un futuro migliore poi con la forza nuda e cruda, prendono possesso di quasi tutti i Bou Z’nada del paese. Sono pochi coloro che resistono. L’esercito lascia fare. Lascia le cose peggiorare non si sa se per indecisione, disorganizzazione o per un calcolo sadico.
Salah vede cancellati piano piano tutte le sue speranze, i suoi sogni. I vecchi padroni hanno derubato il popolo di tutto e l’hanno abbandonato a se stesso. I nuovi vogliono controllare tutto: ciò che mangia, ciò che beve, che veste, che legge e ovviamente soprattutto ciò che pensa.
Salah non ha la stoffa dell’eroe. Si rinchiude su se stesso e lascia passare la tempesta. Ma la tempesta non passa e finisce per spazzare tutto quello che ama. A salah non resta più che andare altrove a ricostruirsi una vita e tentare di dimenticare
L’Altrove si chiama Italia, Firenze per la precisione. Firenze 2015. Siamo nel futuro. Salah ha lasciato l’Algeria da più di vent’anni. Ha tagliato ogni legame con il passato e si fa chiamare Salé. Ma il passato non lo vuole mollare. Salé è un ufficiale della squadra multietnica della polizia di stato. In un inchiesta su alcuni fatti strani che accadono nei quartieri popolari, tra la popolazione musulmana, per la maggior parte di origine magrebina, si imbatte nelle reti dell’integralismo islamico distese anche sul territorio della sua città d’adozione. Ma questa volta è deciso a non mollare, a non scappare. Salah vuole andare fino alla fine, anche si di fonte a lui si profilano i fantasmi del passato.
I lupi della notte. Il Romanzo d’esordio dello scrittore algerino Amor Dekhis, finalsita del premio Calvino 2004, può essere classificato nella categoria dei gialli d’anticipazione. Non è uno stile molto diffuso nella letteratura maghrebina. Anzi, era abbastanza raro. Qualche tentativo infelice di qua di là ma niente di che, all’eccezione dell’Ispettore Alì di Driss Chraibi che ha conosciuto un successo internazionale, gli altri sono passati inosservati sia in patria che all’estero… fino allo scoppio del fenomeno Yasmina Khadra, che in pochi anni conquista un posto di maestro internazionale del genere e comincia a fare scuola.
Ecco, in “I Lupi della notte” si sente secondo me l’impronta di Mohammed Mouleshoul Alias Yasmina Khadra. Cominciando dal titolo, poi le ambientazioni, la scelta del noir come genere, l’uso delle storie di poliziotti e criminali per raccontare problemi che vanno molto al di là del semplice poliziesco, la scelta, o il bisogno di testimoniare i fatti di storia recente dell’Algeria…
Tutto ciò non è per togliere valore al libro ne tanto meno per far dubitare della sua originalità, è solo un modo di collocare il libro in uno stile, una categoria. E siccome nessuno inizia senza maestro, Amor Dekhis si è scelto il migliore possibile. Del resto nemmeno il “maestro” Mouleshoul ha creato dal nulla. Anche nella sua scrittura si sentivano forti le impronte di grandi autori di noir francese, principalmente il “Commissaire San-Antonio” di Frédéric Dard.
Rimane che, nella pura tradizione del buon giallo, quello con una trama costruita ad arte, un suspense che ci tiene fino all’ultimo minuto e che ci fa riflettere molto oltre i limiti della storia narrata, I lupi della notte è un libro che si mangia golosamente, in pochi bocconi, quasi senza fiatare.
Lo stile è elaborato ma non pedante, Fatto di frasi brevi e taglienti: “Sto lì di fronte a loro due, come parte di un trittico, la vista sfocata e il cervello fuori uso. Un’arsura mi prosciuga risucchiandomi in un pozzo di confusione. A stento reggo un corpo che ha quasi la rigidità di un cadavere. Non so se il mio sia un sogno o un momento reale colmo di felicità. Sono smarrito nel dubbio di non riuscire a portare tutto il peso di questa situazione abnorme.”
La storia in se è ben costruita e si poggia su fatti storici realmente accaduti. Ritratti forse con una certa semplificazione… Ma altrimenti non sarebbe un poliziesco. Invece I lupi della notte è un poliziesco, un bel poliziesco, angosciante ma con un finale catartico. Ideale per i lunghi viaggi che si profilano all’orizzonte in questa vigilia di ferie o da leggere all’ombra, sorseggiando una granita ben fresca che come l’eroè del romanzo nasce dall’altra parte del mediterraneo ma poi si sviluppa e da il meglio di sé da questa parte qua.
Amor Dekhis
I lupi della notte. l’Ancora del mediterraneo, 2008, Pp.202, Euro 14,00,
ISBN: 978-88-8325-164-1