Il convegno organizzato dal Garante per l’infanzia e della Camera minorile il 22 giugno scorso a Torino con il tema centrale La famiglia migrante,con un riguardo delle modalità di intervento e le buone prassi di lavoro, ha evidenziato i percorsi complessi che circondano le modalità della gestione della famiglia immigrata nel territorio torinese da parte dei servizi.
Guardando solo gli ultimi fatti della politica di oggi, ha precisato l’assessore alle Politiche giovanili, diritto allo studio universitario e Pari opportunità,Monica Cerutti, nell’apertura dei lavori del Convegno, i tema Migrante oggi sta diventando un problema, causa dei “tutti i mali ” , la causa che domani possono essere le frustrazioni e che possano incidere nei casi sociali. In realtà, aggiunge lei, non siamo invasi dagli stranieri.” Nella Regione Piemonte siamo 4 milioni e 400 mila, e i richiedenti asilo sono circa 13 mila. Invece, le persone straniere residenti sono circa 413 mila. Quindi, tutte queste frustrazioni inventati, si trasferiscono nei nuclei famigliari i quali hanno ciascuna la loro specificità e che bisogna prenderli in considerazione. Altro elemento da considerare, aggiunge lei, sono i bambini nati in Italia per i quali non si è riuscito ad evvolgere dal punto di vista legislativo. Il lavoro della Regione, ” cerca di promuovere relazioni di cittadini in pieno diritto delle regole nei diritti e doveri, ma avendo la possibilità di mantenere un legame con la propria cultura di appartenenza”.
La Regione sta discutendo della nuova legge sul’ immigrazione scegliendo di chiamarli come cittadini e cittadine di origine straniera, per poter comprendere tutti. La Regione sta portando avanti dei progetti e tra loro, quello che offre informazioni agli operatori che lavorano nel settore di accoglienza, Progetto “Petrarca” che riguarda l’educazione civica e linguistica delle persone straniere, offrendo modulistica e servizio di baby sitting per le mamme per poter partecipare nei corsi di formazione. Così anche per i Servizi sociali per affrontare le difficoltà della famiglia e l’andamento scolastico, conclude l’assessore.
Asilo-migrazione- integrazione, sono i tre termini attivi e azionati da parte delle associazioni con persone di origini straniera che lavorano in questo campo, avendoli come protagonisti nel diretto interessato e proporli di portare anche loro stessi progetti che riguardano l’educazione della genitorialità, per costruire la prevenzione nel lungo tempo.
I relatori invitati nella tavola rotonda hanno sottolineato che lavorare con le famiglie straniere non è facile, bisogna stabilire delle relazioni che vengono costruite in base della fiducia. Trovare un equilibrio di forze richiede cura e attenzione sopratutto per le secondi generazioni che vogliamo chiamarli i nuovi cittadini.
i nodi da sciogliere sono tanti e possiamo elencare alcuni:
- formazione e confronto di strategie per i luoghi neutri, affidamenti, comunità, servizi sociali, volontariato e il CTU perché si nota una inadeguatezza nel modo come si trattano le situazioni.
- temperare il senso di appartenere ad una comunità che è fatta di servizi di volontariato, operatori, scuola e altro per affrontare il tema dell’integrazione dei minori non accompagnati e le famiglie
- l’importanza dell’ingresso dell’avvocatura come alleato e facilitatore del percorso di integrazione per entrare nella sfera privata della famiglia.
- costruire comunità per i padri che perdono figli
- gestione dei ragazzi adolescenti che hanno il bisogno di trovare un filo conduttivo per trovare se stessi, il senso dell’appartenenza che a volte, in mancanza di strumenti presentano disorientamento e fragilità nella vita quotidiana e rischiano di creare gruppi di forza tra loro usandola contro la famiglia e la collettività.
- nei tribunali si nota come un punto di criticità la mancanza degli interpreti o dei mediatori culturali che servono per conoscere la cultura dell’altro, la storia geopolitica della famiglia. Questo fatto ha permesso di trovare soluzioni sbagliate o di agire in modo rigido. Il contributo del MIC permette di dare voce al silenzio, di lavorare con la famiglia per dare voce e corpo alla storia culturale dell’adulto e si aiuta a costruire una relazione tra genitori e figli; non etniciziare però il migrante.
- Il bisogno centrarsi non sui problemi, ma sui bisogni del bambino. Migliorare la gestione dei minori non accompagnati o con i problemi che vengono ospitati nei comunità che svolgono attività di accoglienza.
Una grande attenzione ha tenuto il discorso della mediatrice interculturale nigeriana,Precious Ugiagbe, coordinatrice del centro madre/ bambino. Lei ha rilevato l’importanza della presenza del mediatore interculturale nell’equipe multidisciplinario dal momento di presa in carico del caso e non dal momento quando gli interventi degli operatori hanno trovato difficoltà gravi.
Ha sottolineato che bisogna prendere in considerazione anche il concetto della fragilità della donna o della famiglia come viene percepita dallo straniero stesso, che potrebbe essere diversa da come lo percepiscono gli operatori. Cosi anche nella relazione madre bambino che cambia da una cultura all’altra e i contesti vengono analizzati prendendo in considerazione le storie e i codici culturali. Questo vale anche per le relazioni tra adulti, genitori e figli perché dipendono dalle loro competenze genitoriale, che non è detto che gli conoscono.
Il convegno si è concluso con un bisogno di unire le forze per poter esplorare nuove strategie per venire d’aiuto alle fragilità della famiglia straniera che affronta giorno dopo giorno con fatica e impegno.
continua…