Progetto PONTI: Missione (impossibile) in Etiopia

Progetto PONTI: Missione (impossibile) in Etiopia. Quando la diversa appartenenza è più forte della paura


Ponti-Etiopia

“Missione in Etiopia? Impossibile!”, mi sono detta prima di partire. “Sola, in chiusura del progetto, dopo aver sentito tutto: un’altra europea che viene a raccontarci come partire e come accogliere i nostri returnees. Mediazione sociale, culturale? Ma che ne sa lei?! Poi è giovane, troppo giovane per insegnare”, risuonava la paura dentro di me. Quella paura di non replicare “just another boring academic training”.

“Be yourself”, si affrettano a dirti tutti. Ma come? In un mondo avido per la globalizzazione, dove tutti sembriamo diversi, ma vogliamo essere uguali in the end.

Cosa mi differenzia dagli altri, ma mi unisce a loro, i  13 (trainees) che aspettavano da me l’interessante, l’accattivante?

Quando cerchiamo risposte, ci si ritorna alla cultura, alle radici, al credo, alla religione. Eh bene, le mie radici sono lontane dall’occidentalismo e la mia cultura rispecchia ancora il patriarcato in famiglia, dove la mamma…la moglie e poi…la religione: non è quella che si aspettano, io non vengo dal paese del Papa, io sono ortodossa, ecco, come loro! E poi, io sono anche figlia del comunismo tramontato poco dopo essere Quindi c’è un accomunare, c’è una risonanza.

 

Leggi l’articolo completo e ulteriori dettagli sul progetto PONTI, qui: https://www.cies.it/missione-impossibile-in-etiopia-quando-la-diversa-appartenenza-e-piu-forte-della-paura/

 

 

 




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