Riconoscere i titoli di studio degli immigrati

un passo necessario per un’ integrazione sociale

L’inserimento nel mondo del lavoro è per gli immigrati uno degli aspetti cruciali per determinare il successo di un processo di inclusione sociale, sicuro e sereno in ogni paese. E’ una permessa che permette all’individuo e  alla famiglia di mettere radici e progettare il proprio futuro. Per un buon inserimento lavorativo, il riconoscimento delle competenze e del percorso curricolare maturato prima della migrazione è molto spesso fondamentale.

Gli stranieri che arrivano in Italia hanno spesso un elevato livello di istruzione, ma altrettanto spesso finiscono a fare lavori con basse mansioni: bassa manovalanza, pulizie, assistenza agli anziani… Questo è dovuto a un mancato riconoscimento dei titoli di studio e delle esperienze lavorative maturate nel paese d’origine.

Secondo  “Il Sole 24 ore“, solo il 6.7 % degli immigrati ha un impiego altamente qualificato, contro il 37,4% degli italiani. Allo stesso tempo i loro salari sono nettamente inferiori a quelli italiani (del 27,2%); il reddito medio di una famiglia di immigrati è 17.998 euro all’anno, contro 31.343 euro di media  per le famiglie italiane.”

Le varie difficoltà nell’inserimento lavorativo degli immigrati?

L’inserimento lavorativo di un immigrato è sempre ostacolato da molte difficoltà, in ogni luogo. Tra le difficoltà si possono citare le difficoltà linguistiche, la poca conoscenza del nuovo contesto lavorativo, i pregiudizi legati all’origine, la cultura o la nazionalità di origine, i limiti legati alle leggi che possono impedire l’inserimento o le promozioni professionali in assenza di cittadinanza del luogo… Un’altro ostacolo molto ricorrente è il non riconoscimento dei titoli di studio e le qualifiche. Ed è su questo che ci concentriamo in questo articolo.

 

Il difficile riconoscimento dei titoli e delle qualifiche.

Molto spesso, nei Centri per l’impiego, si presentano persone di origine straniera arrivate di recente. Qualche volta da sole, qualche volta con l’auito dei mediatori interculturali, compilano la scheda di iscrizione. Su quella scheda, molto spesso si segna, alla voce “titolo di studio”, solo la scuola elementare.

Questo fatto succede perché mancano gli accordi con molti paesi e di conseguenza e il riconoscimento dei titoli di studio acquisiti in quei paesi è difficile e laborioso.

Da un’altra parte, spesso i cittadini stranieri, specie se non pratici dei meccanismi e della logica di un ufficio di collocamento, non raccontano la loro storia lavorativa, le competenze, perché lo ritengono inutile.

In questi casi rientra il ruolo del/la Mediatore/trice Interculturale, che deve incoraggiare il  background migratorio.  Manca però un canale o organo ufficiale che possa verificare le competenze della persona, conseguenza della mancanza del riconoscimento dei documenti, tipo certificazione della qualifica, esami e argomenti sulla materia professionale che hanno bisogno di una traduzione e valorizzare. Vale a ricordare come un punto d’arrivo positivo,  il riconoscimento del titolo di studio infermieristico conseguito all’estero ( Paesi Est Europei e nella UE)  che da pochi anni  ha permesso l’inserimento di tanti infermieri  stranieri nel mondo della Sanità pubblica e quella privata.

“La normativa italiana prevede che tutti coloro che hanno conseguito il titolo in un paese diverso dal’ Italia richiedano il riconoscimento al Ministero della Salute”. ( Fonte. https://www.nurse24.it/infermiere/professione/infermieri-riconoscimento-titoli-stranieri-come-fare-richiesta.html

Per facilitare il riconoscimento  dei titoli di studio, un ruolo importante hanno le università e gli istituti tecnici che in collaborazione con le analoghe strutture nei paesi di provenienza dell’immigrato, possano stipulare degli accordi bilaterali. In fine, un esame nazionale per il riconoscimento delle competenze che certifica la qualifica e libera il respiro dell’ingresso nel mercato del lavoro. E non solo. Al livello sociale, con l’obiettivo di valorizzarlo come un capitale umano, il riconoscimento delle competenze, permette al lavoratore straniero di sentirsi  come  una risorsa preziosa che contribuisce nella vita economica e sociale al fianco del lavoratore italiano.

Certamente che tutto ciò comporta un costo, ma le risorse non mancano e spesso non vengono utilizzati per vari motivi. Ricordiamo i fondi europei come il fondo sociale europeo, e fondi nazionali o regionali , come fondo per le politiche sociali e quello per le politiche migratorie.

Per esempio, ricordiamo il settore Economia e Lavoro della Fondazione ISMU  che segue con interesse il  riconoscimento delle qualifiche accademiche e grazie all’impulso del Centro Enic-Naric Cimea, sta portando ad  una trasformazione della cultura del riconoscimento (a tal proposito si veda: Sarli A. (2018), Nuove metodologie per la valutazione delle qualifiche accademiche dei beneficiari di protezione internazionale in Italia, ISMU Paper, marzo).

Fonti:

(1). http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2018-02-25/riconoscere-talenti-dare-piu-lavoro-migranti

 

http://www.piemonteimmigrazione.it/losapeviche/parliamo-di/211-riconoscere-titoli-di-studio-e-qualifiche-professionali-presi-all-estero

http://www.apienotitolo.org/1/progetti_3997125.html

 

 

Introduzione

Porre il problema

Quali soluzioni possibili

Conclusione

 

 

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