Intervista con Silvia Rizzello mediatrice e autrice di “A scuola il mondo conta”

18
Feb

Saper vivere diverse identità culturali in un’ottica preventiva

Solo due mesi fa nelle librarie è uscito un manuale importante per il mondo del  lavoro nelle scuole con gli alunni stranieri. Si intitola: ” A scuola il mondo conta. percorsi e attività di mediazione e comunicazione interculturale”, della scrittrice-mediatrice interculturale Silvia Rizzello, Edito da  “La meridiana”,

Mediatoreinterculturale.it oltre a consigliare la lettura di questo libro, ha intervistato la scrittrice, la quale ci ha portato numerosi spunti di riflessione che ci aiutano ad interrogarci e trovare risposte per la nostra professione come mediatori interculturali.

mediatoreinterculturale.it: Com’è nata l’idea di questo libro? Con quale obiettivo?

Silvia Rizzello: nasce dalla quotidianità di questo lavoro che ti meraviglia in positivi e talvolta pure in negativo. Sebbene i toni siano pacati e contenuti abbiano un fine propositivo si tratta di un libro ribelle; si può protestare anche in forma gentile ad un sistema-paese che non funziona. per l’Italia è più corretto dire che i requisiti, il contesto favorevole, e anche le persone giuste che potrebbero occuparsi con competenza e accoglienza e mediazione interculturale- e che già lo fanno ogni giorno- ci sono, eccome, per permettere al nostro sistema di evolversi. Tuttavia questo bello che esiste non emerge benevolmente alla cronaca perché mancano quei piccoli accorgimenti su modo di veicolare i messaggi all’opinione pubblica, ” dettagli comunicativi” che dovrebbero semplificare certe situazioni complesse come per esempio la convivenza tra persone di culture diverse . Si commettono leggerezze di forma e di linguaggio tali da rendere il tema dell’accoglienza un problema e non un’opportunità in un tempo in cui le persone e le vite di tutti sono in continua mobilità. Questo è un dato certo e, a prescindere da come la si pensi sull’argomento, c’è solo da prenderne atto: si tratta di dinamiche sociali e storiche che non possiamo fermare.

Mediatoreinterculturale.it: – Ancora oggi la figura del MCI rimane una figura non definita. Perché viene ancora vista come una figura professionale da usare saltuariamente?

Silvia Rizzello: Come in tutte le cose: un fatto, una persona, una realtà, una storia esistono nel momento in cui ne viene riconosciuta l’esistenza alla collettività. se parliamo di professionisti che lavorano nella sfera educativa e sociale, c’è da aggiungere la necessità di ” un’investitura dall’alto” di un autorità competente sul tema – qualunque essa sia- ma sopratutto è opportuno far valere alla collettività l’autorevolezza della figura in questione affinché tutti ne riconoscano il ruolo e l’efficacia del suo intervento. Nel caso del mediatore culturale e interculturale, al contrario di altre professioni come appunto lo psicologo o l’assistente sociale, non sempre avviene. Parlo in particolare per il contesto che più conosco: la scuola. Qui spesso può capitare di doversi presentare da soli alla classe senza un’introduzione da parte di chi dovrebbe far gli onori di casa. E ciò succede per lo più per quelle ragioni di leggerezza a cui ho fatto riferimento prima.

Mediatoreinterculturale.it: – Oggi nelle Università italiane si formano tanti mediatori culturali italiani che vengono occupati nei centri di accoglienza per i richiedenti asilo. Secondo lei, possono riuscire a colmare i bisogni degli utenti stranieri?

Silvia Rizzello: Sicuramente no perché serve una squadra di lavoro ben strutturata. E, oltre ai mediatori di origine autoctona e di altre culture di provenienza, su un tema come rifugiati e richiedenti asilo, c’è bisogno anche di tanto altro. In questo ambito tutto verte su un fragile equilibrio; perciò per chi ci lavora è importante ponderare competenza tecnica, emotiva e relazionale perché le sofferenze e la disperazione sono li in persona.

Mediatoreinterculturale.it: – Secondo lei, le norme legislative potrebbero aiutare a definire meglio la figura professionali del mediatore interculturale?

Silvia Rizzello: Creare una documentazione ad hoc, unica e univoca sia a livello nazionale sia regionale che disciplini esclusivamente questa figura sarebbe un primo passo importante. Solo così, come già spiegato, verrebbe riconosciuta “dall’alto” alla collettività l’importanza del ruolo, oggi quantomai indispensabile. Ad ogni modo, emanare leggi non è sufficiente. Tocca cambiare la maniera in cui se ne parla, l’atteggiamento, accettando di convivere in una società sempre più intrisa di differenze, non soltanto culturali, ma anche di genere, e via dicendo.

Mediatoreinterculturale.it: – Secondo lei, quali sono gli angoli spigolosi da smussare per un mediatore nel suo percorso formativo e lavorativo?

Silvia Rizzello: prima di tutto bisogna partire dalla propria biografia perché questo è un lavoro che serve a mettere in relazione le persone. Di conseguenza, poiché in questa relazione il mediatore è coinvolto in prima persona è necessario che mantenga sempre una certa distanza professionale rispetto ai vissuti con cui interagisce. leggere, informarsi, formarsi e condividere con gli altri colleghi i propri percorsi è fondamentale. Talvolta il confronto è scontro; perciò conviene che ci educhiamo anche al conflitto collocandolo in un’ottica propositiva utile a riflettere sulla stessa professione.

Mediatoreinterculturale.it: – Lei ha vissuto in Canada e ha lavorato presso l’Istituto Interculturale di Montreal. Può raccontarci di quella esperienza?

Silvia Rizzello: la sintetizzerei in due persone con un durante e un dopo. In Québec Kalpana Das, direttrice per più di 40 anni dell’istituto 8 chiuso nel 2012); al rientro in Italia Don Arrigo Chieregatti fondatore della rivista Interculture, nata diversi anni fa per pubblicare in italiano le ricerche del Centro. Entrambi pioneri dell’intercultura e portatori di una straordinaria saggezza, mi hanno insegnato, raccontato e permesso di vivere tante identità culturali. Continuano a farlo seppur a distanza.

Mediatoreinterculturale.it: – Quali sono le differenze tra l’Italia e Canada nella gestione dell’educazione interculturale nelle scuole pubbliche?

Silvia Rizzello: Il Canada è un paese che non trovi mai impreparato, basta vedere l’efficienza con la quale vengono pulite le strade dalla neve. L’esperienza del freddo ha indotto il suo popolo alla cultura del 2 prevenire per tempo”. E’ questo vale anche nella scuola dove l’educazione è di base interculturale e solidale con una didattica pianificata ad hoc per sensibilizzare alunni e famiglie di tante origini diverse a cooperare.

Mediatoreinterculturale.it: – Questo libro è il terzo che lei pubblica dopo la “Favola agrodolce di riso fuorisede” e “Il bruco Arlecchina torna in Cina“, favola- filastrocca tradotta anche in lingua cinese. Quali sono i suoi progetti per il futuro?

Silvia Rizzello: Adesso il mio futuro è il presente. Tuttavia, visti i tempi e poiché l’avvenire è ignoto, forse imparare a restare nell’incertezza per lasciarsi sorprendere positivamente da ciò che non si conosce ancora credo possa essere un buon progetto di vita.

Libri di Silvia Rizzello

  • A scuola il mondo conta. Percorsi e attività di mediazione e comunicazione interculturale. Silvia Rizzello. Editrice La Meridiana, Molfetta. 2018
  • Favola agrodolce di riso fuori sede.  Silvia Rizzello. Ed. Kurumuny, 2016
  • Il bruco Arlecchina torna in Cina. Silvia Rizzello. Tau Editrice.  2019 (In libreria da marzo 2019)

 

 




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