La prevenzione e il divieto delle pratiche di MGF

18
Feb

Servizi socio sanitari, cura e prevenzione delle Mutilazioni Genitali Femminili

Un contributo di Francesca Sacco – Assistente Sociale del Consultorio di Asti

Quella delle MGF é una tematica riscontrata in Italia, con l’arrivo di popolazioni immigrate, soprattutto dal continente africano.

Quella delle Mutilazioni Genitali Femminili é una tematica riscontrata in tempi abbastanza recenti anche in Italia, man mano che la presenza di persone, nuclei familiari e gruppi di popolazione immigrata, provenienti soprattutto dal continente africano, si è consolidata.

L’irruzione di questa tematica nel dibattito sulla salute pubblica impone la conoscenza delle tradizioni sociali e le ragioni che sottendono la pratica.

Le mutilazioni genitali femminili (MGF) vengono praticate per una serie di motivazioni, legate a credenze, routine/consolidamento della pratica :  (1)

  • Ragioni sessuali: strumento di potere per soggiogare o ridurre la sessualità femminile come avviene peraltro nei casi della violenza di genere (tutela della verginità e castità)
  • Ragioni sociali: es. iniziazione delle adolescenti all’età adulta, integrazione sociale delle giovani, mantenimento della coesione nella comunità.
  • Ragioni igieniche ed estetiche: in alcune culture, i genitali femminili sono considerati portatori di infezioni e osceni
  • Ragioni sanitarie: si pensa a volte che la mutilazione favorisca la fertilità della donna e la sopravvivenza del bambino
  • Ragioni religiose: molti credono che questa pratica sia prevista da testi religiosi (Corano) cosa non vera. In realtà il binomio MGF e Islam é errato: le mutilazioni vengono praticate anche tra le popolazioni cristiane ed animiste.

Possiamo affermare che le motivazioni alla pratica non sono MAI TERAPEUTICHE

Occorre inoltre ribadire quanto definito dalla normativa vigente: ossia che  “le mutilazioni genitali femminili, in qualunque forma, rappresentano una palese violazione dei diritti fondamentali all’integrità della persona e alla salute delle donne e delle bambine a essere tutelate da violenze, abusi, torture o trattamenti inumani”  (2)

Il ruolo dei servizi socio Sanitari nel processo di cambiamento

A far emergere il fenomeno della pratica delle MGF contribuiscono certamente i Servizi Socio-sanitari, che per il loro ruolo di prossimità sono spesso i primi ad entrare in contatto con bisogni sempre nuovi della popolazione presente sul territorio , ad individuarne ragioni ed a cercarne modalità adeguate di approccio ed intervento.

Le professioni socio sanitarie per ruolo e formazione possiedono un patrimonio di sensibilità, capacità di dialogo, rispetto e accoglienza per le differenze culturali, competenze di prevenzione sanitaria e di promozione della salute, indispensabili al fine di affrontare in modo efficace tale fenomeno. Questo non va dimenticato.

L’ argomento, cosi’ come quello relativo alla violenza di genere e a carico di minori, per le sue enormi implicazioni emotive, é oggetto di discussioni tra le più varie.

Questa relazione ha pertanto l’intento di superare il giudizio (cosa sia giusto e cosa invece non lo sia) e avviare una riflessione condivisa, portare un contributo.

La necessità é quella di porre in essere interventi continui e mirati, specifici e condivisi programmi per l’abbandono della pratica, partendo dall’adozione di una prospettiva interculturale, (prendere le distanze da atteggiamenti populistici e di riprovazione) nell’ottica di avviare :

un processo di cambiamento , in merito a questa come alle questioni legate al maltrattamento e all’abuso dei soggetti deboli; pratiche anche sperimentali che tengano conto dell’aspetto di interculturalità sottostante .

Esiste una alternativa culturalmente e legalmente accettabile?

E’ del 2004 la proposta di un medico di Firenze, nell’ottica di un percorso protettivo delle bambine in attesa di un soppressione della pratica in questione, quello del “rito simbolico – alternativo” (ce ne sono di vari tipi e non sono pratiche invasive, a volte sono semplici rituali) da effettuarsi nella struttura pubblica con l’obiettivo di dare l’opportunità alle bambine delle famiglie più tradizionaliste di evitare maggiori danni o meglio di azzerarli completamente e continuare a vivere protette e rispettate dalla famiglia. (3)

Mi sembrava interessante, al di là dei risvolti e di ciò che ha suscitato nell’opinione pubblica, l’obiettivo della proposta, ossia la ricerca di un’ attività preventiva laddove si sia dimostrata inutile ogni strategia educativa per dissuadere le famiglie a rinunciare ad un obbligo socialmente vincolante.
Questo perché la connotazione valoriale e identificativa della pratica della mutilazione e di come ciò rientri nella categoria di riti di passaggio hanno un duplice significato: stabilisce ciò che é e la donna come si deve comportare per fare parte di quel sistema.

La forte valenza simbolica che tali pratiche vengono ad assumere é forse uno dei presupposti per i quali vengono posti in essere , anche contro la legge locale (che come abbiamo sentito prevede pene importanti) e le più basilari norme di rispetto della persona. Questa investitura identitaria si traduce in un comune senso di appartenenza , il desiderio di essere “come le altre” e di essere accettate.

Se non si prende in considerazione questo aspetto, ogni intervento per cercare di contrastare il fenomeno , risulterà vano o comunque poco efficace e trasmissibile.

E’ impossibile comprendere e produrre cambiamenti nell’agire delle persone senza cogliere i profondi significati culturali e sociali che ne sono alla base al fine di giungere progressivamente al superamento.
Ma come costruire/sostenere il cambiamento ?

Devono essere coinvolte le donne che hanno subito la pratica affinché si convincano che le MGF non solo sono dannose per la loro salute psico-fisica , ma anche inutili. Solo provocando in queste ultime un profondo mutamento di idee si può sperare di coinvolgere tutta la comunità e avere risultati persistenti e duraturi, che possano essere replicabili.

Le 5 fasi del cambiamento

Illustrerei, a questo proposito, le 5 fasi che portano al cambiamento (di qualsiasi tipo)  (4)

  1. PRE_CONTEMPLAZIONE: quando una persona/una comunità avente un proprio bagaglio culturale di VALORI E CONVINZIONI, entra in contatto con nuove informazioni ed esperienze o cambiamenti sociali; il rapporto di fiducia tra medico ginecologo/ostetrica e la donna mutilata (ma questo vale anche per tutte le situazioni di violenza su donne e bambini) inizia nel momento stesso in cui la prima si rende conto di ciò che è accaduto alla paziente; ciò rappresenta la base per lavorare su una presa di coscienza da parte delle donne, del proprio corpo e del proprio benessere.
  2. CONTEMPLAZIONE: quando aumenta l’interesse per il nuovo fenomeno del quale si é testimone (sorta di introspezione) ed il proprio sistema entra in crisi; le ricerche dimostrano come, già nei primi 5 anni dell’immigrazione, avviene un profondo cambiamento culturale nelle donne, grazie alla contaminazione culturale del paese di accoglienza. E grazie ad incontri con professionisti.
  3. PREPARAZIONE: quando avviene un cambiamento nel modo di pensare (maturazione del senso critico) e quindi la decisione di agire in modo diverso.
  4. AZIONE: fase in cui si condivide con gli altri e si esplicita la decisione presa
  5. MANTENIMENTO: ultima fase del processo di cambiamento che é anche la più difficile, poiché si affronta l’opposizione del contesto dominante e si resiste sulle proprie posizioni, gestendo il conflitto. Il sostegno psicologico, sociale ed educativo sono particolarmente rilevanti in questa fase.
    Qui emerge il ruolo decisivo delle donne come agenti di cambiamento e delle strutture pubbliche socio-sanitarie quali luoghi in cui sia possibile attivare percorsi di consapevolezza.

Un approccio olistico e multidisciplinare

In quest’ottica é chiaro come l’indignazione e la condanna (ci si chiede come mai ad esempio le donne subiscano violenze inaudite per anni senza riuscire ad uscirne) servano solo ad aumentare la chiusura mentale in rapporto a questi argomenti. E pertanto importante adottare un approccio basato più sull’esigibilità di un diritto umano che promuova un confronto, attraverso la creazione di un rapporto fiduciario.

Le M.G. vanno pertanto inserite in un progetto più ampio che prenda in considerazione più aspetti di tutela della salute della donna: l’igiene, informazione circa le malattie trasmissibili, la maternità.
Ecco che entra in gioco l’aspetto di multidisciplinarietà delle aree di intervento del CONSULTORIO FAMIGLIARE

L’attività consultoriale, si configura infatti come un Servizio rivolto prevalentemente alla prevenzione e alla salvaguardia dello stato psicofisico della donna o della coppia e quindi della famiglia, della comunità, delle organizzazioni sociali. ( a ricaduta).

Attraverso un approccio olistico che tiene in considerazione la globalità e totalità dell’individuo, non come semplice somma delle sue parti; interculturale (che si declina nelle dimensioni dell’accoglienza, del riconoscimento e della valorizzazione di ogni singola persona; del superamento delle differenze (non solo quelle culturali) della valorizzare e conservazione delle diversità/peculiarità, nella ricerca delle somiglianze e comunanze di intenti e di funzioni (come la procreazione, genitorialità).

“Empowerment” della donna

L’obiettivo é quello del sostegno all’ autodeterminazione della donna (empowerment) nelle scelte relative alla salute, e più in generale al suo benessere psico-fisico.
Occorre pertanto superare lo stereotipo che il Consultorio sia un luogo per gli stranieri, per gli indigenti perché ciò rappresenta una distorsione della realtà consultoriale in cui l’inclusione rappresenta uno dei principi di fondo.

Quali sono le caratteristiche che sostengono questo assunto:

  • In tanto l’accesso é facilitato in quanto le prestazioni erogate sono gratuite per tutti i cittadini, italiani e stranieri, residenti e dimoranti nel territorio della Regione Piemonte.
  • Viene garantito il diritto alla Privacy ed alla riservatezza e ciò grazie ad una collocazione fisica esterna alla struttura ospedaliera, in un contesto accessibile, discreto e confidenziale.
  • L’accesso al Servizio é diretto (senza impegnativa del medico curante), libero .
  • Non solo la struttura sanitaria deve essere facilmente accessibile, ma il personale stesso deve essere empaticamente accessibile: ciò al fine di facilitare il racconto in caso di abuso e creare un contesto relazionale in cui sia possibile raccontare senza sentirsi giudicati.

Il tema della relazione diventa pertanto elemento sostanziale.

Nel caso in cui la donna , che accede al consultorio per ragioni sanitarie, riferisca di aver subito violenza sessuale o domestica, sarà immediatamente accolta da psicologo, assistente sociale,educatore, al fine di raccogliere il racconto e verificare l’eventuale coinvolgimento di minori quali vittime di violenza assistita. Si cura l’invio ai servizi per quanto di competenza territoriale e per l’attivazione delle procedure previste dal protocollo Asl circa la violenza di genere. Qualora si trattasse di donna straniera, viene attivato il mediatore interculturale presente nel servizio, in collaborazione con il personale, al fine di facilitare la reciproca comprensione.

La parte relativa alle IVG viene curata dal punto di vista dell’accoglienza dal personale, attraverso la proposta di sostegno psicologico e colloqui con le figure sociali , qualora le donne lo richiedessero, con una particolare attenzione alle situazioni in cui si tratta di minorenni. E’ capitato recentemente un caso che ha richiesto la segnalazione all’équipe abusi e maltrattamenti dell’Asl proprio data la giovane età della minore.

Un lavoro di rete

Gli interventi consultoriali, più sul versante educativo e sociale, prevedono inoltre la co-costruzione di una rete con i vari soggetti del territorio, per la promozione di modelli operativi nell’accoglienza delle persone portatrici di fragilità relativamente all’emergere di nuove povertà e fenomeni sociali (es. violenza di genere, immigrazione, discriminazioni, bullismo).

Ad esempio, a tale scopo, sono stati strutturati incontri informativi e di confronto, condotti dalle diverse figure professionali con le donne migranti ospiti di strutture di prima e seconda accoglienza del territorio che hanno figli o gravide.

È importante un’opera di sorveglianza e prevenzione, soprattutto nei confronti delle figlie delle donne che hanno già subito mutilazioni/violenze nel loro Paese d’origine, affinché non vivano la stessa esperienza (il rischio come é già accaduto e che le famiglie rientrino nel proprio Paese propio per praticare la mutilazione alle figlie) sostenendo, anche dal punto di vista psicologico, le donne nel ruolo protettivo dei figli.

L’importanza dell’educazione

I progetti educativi a scuola sostengono l’importanza dell’informazione e formazione in contesti in cui possono attecchire nuovi modelli e visioni; i bambini ed i giovani rappresentano uno snodo importante nel cambiamento, in un’ ottica sistemica per cui la contaminazione famigliare puo’ avvenire anche lavorando direttamente con le coppie genitoriali nelle separazioni conflittuali.

Situazioni che il servizio sta seguendo in sinergia e in cui emergono forti difficoltà relazionali che ricadono sui figli e che se monitorate ed accompagnate consentono ai genitori di ricentrarsi sui bisogni dei bambini, anche al fine di prevenire agiti violenti e avviare interventi di protezione preventivi.

 

Note:

(1). Fonte:  Unicef

(2). Risoluzione del Parlamento Europeo del 24/03/2009; 

(3). Si tratta qui della proposta fatta nel 2004 dal Dottor Abdulcadir Omar Hussen, allora responsabile del Centro Regionale per la Prevenzione e Cura delle Complicanze delle mutilazioni genitali femminili di Careggi. Dottor Hussen che ha esposto le sue ragioni nel libro “Ferite per sempre – Le mutilazioni genitali femminili e la proposta del rito simbolico alternativo” ( di Abdulcadir Omar Hussen e Lucrezia Catania, Derive & Approdi, 2005). La proposta, firmata da alcuni uomini, “rappresentanti di comunità” e da molte persone donne e uomini, medici, operatori sociali, membri di associazioni… che l’hanno considerata valida, ha suscitato una forte polemica e una accesa discussione. Il 3 febbraio il Consiglio Regionale della Toscana rigetta all’unanimità la proposta di “rito simbolico” (Mozione n. 709 del Consiglio regionale della regione Toscana, approvata nella seduta del 3 febbraio 2004), mentre il 09 marzo dello stesso anno la Commissione regionale di bioetica scriveva: “La Commissione regionale di bioetica ritiene, pertanto, che la proposta di tale procedura possa trovare accoglienza in ambito sanitario, solamente quale eventuale risposta da offrire a quei genitori che richiedono di poter effettuare sulle figlie minorenni, senza rischi per la loro salute, un rito simbolico sostitutivo all’infibulazione, in quanto atto compatibile con la legislazione italiana e con la deontologia degli operatori sanitari, purché essa, proprio per il suo carattere di ritualità, non venga inclusa nell’elenco delle prestazioni sanitarie che il servizio pubblico ha l’obbligo di erogare. toscana degli ordini dei medici chirurghi e odontoiatri. 111 Tale procedura, comunque, deve essere intesa come parte integrante di un percorso volto al completo superamento di ogni forma di mutilazione e manipolazione dei genitali femminili.”  (Catania, Hussen, 2005, pg.58-59).

(4).  Susane Izett e Nahid Toubia. Learning about social change. Rambo. New York. 1999

 

Leggi anche:  Mediazione interculturale e mutilazioni genitali femminili

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